Mica è colpa sua se la gente va a vederlo a prescindere, sulla fiducia, e copre di milioni di euro i suoi film, che si tratti del bruttarello “Sole a catinelle” o di questo carino “Quo vado?”. Mica è colpa sua se ne parlano premier e politici, maggioranza e opposizione, e se i critici che ne capiscono di cinema individuano sottotracce sociali e satiriche. In realtà la satira che non scontenta nessuno non s’è mai vista – Zalone piace a tutti, destra e sinistra, intellettuali cinefili e amanti dei CinePanettoni – e questo dovrebbe far riflettere, ma del resto crediamo che il diretto interessato abbia ben meno velleità di quelle che gli attribuiscono.
Insomma, “Quo vado?” è un capolavoro? No, certo che no. Si può guardare, parte forte poi rallenta di brutto, ha qualche bella gag ma nessuna battuta da tramandare ai posteri, e in questo Zalone ricorda Totò: non è quello che dice – a volte le battute non ci sono proprio – ma come lo dice. Piace la sua comicità cattiva e politicamente scorretta, che in questo caso attinge a maschilismo, razzismo e raccomandazioni, ma il grande tema che secondo gli espertoni eleva il film – ovvero il posto di lavoro fisso ai tempi della crisi – è semplice pretesto per raccontare le avventure di un bamboccione. Quindi andremmo molto ma molto cauti con la beatificazione di “Quo vado?” e la santificazione di Checco Zalone. Ma qui torniamo al discorso iniziale: non è colpa sua se lo coprono d’oro e fa cool parlarne bene, inneggiando a quel divertimento intelligente che cancella il senso di colpa per il divertimento fine a se stesso.
“Quo vado?” è un film da 6 e mezzo in pagella, un bel voto dopo il 4 tondo tondo di “Sole a catinelle”. Siamo in zona genialità come sostiene Matteo Renzi? Dai su, non scherziamo. Tolti i primi 20 minuti, siamo in un degnissimo ordinario, con quel senso di già visto e di variazione sul tema rispetto a “Fuochi d’artificio” per la struttura narrativa e “Benvenuti al Sud” per il contenuto. Poi per carità, ogni parere è scienza e in tempi di crisi (di idee) va dato atto a Zalone di avere uno stile tutto suo, che può piacere o non piacere. Ma se lo Zalone di “Quo vado?” è geniale l’Antonio Albanese di “Qualunquemente” chi era? Albert Einstein?