Firenze – Il XII Rapporto sulla violenza di genere in Toscana ha messo in luce alcuni dati preoccupanti, ma anche una risposta sempre più evidente alle varie iniziative messe in campo per contrastarla. Intanto, dal 2006 al 2019 in Toscana ci sono state 117 vittime di femminicidio, 5 delle quali nel 2019. Sempre in quell’anno in Toscana non ci sono stati nuovi orfani speciali: dal 2006 sono dunque 40 gli orfani di femminicidio, 16 dei quali avevano madri di origine straniera. Ma che volto hanno le donne vittime di femminicidio? Dalle pagine della cronaca nera, come si legge nel Rapporto, “emergono storie assolutamente eterogenee: si tratta di donne di qualsiasi ceto ed estrazione sociale. Sono 87 le donne italiane, 30 quelle con cittadinanza straniera. I femminicidi di donne straniere sono quelli per i quali meno frequentemente si risale all’autore e, quando questo è noto, sono frequenti i casi in cui si tratta di un italiano (11 su 25 eventi con autore noto): un elemento che pone interrogativi inquietanti sulla violenza dentro le coppie miste. Un altro apetto che emerge dall’analisi è quello dell’età: quasi un terzo delle vittime di femminicidio ha oltre 70 anni. Ad eccezione del 2018 si assiste ad un lieve calo delle uccisioni di donne fino a 69 anni, a differenza di quelle di donne over 70. Di questi omicidi in genere si sa molto poco. Per l’analisi dei femminicidi, occorre spostare l’attenzione dai singoli alle relazioni che legano vittima e autore: nella maggior parte dei casi esiste una relazione intima (continuativa od occasionale) presente al momento del femminicidio. Segue il rapporto già chiaramente concluso: sono 14 le donne uccise dall’ex, stesso numero di quelle assassinate da un amico o conoscente (nella maggior parte dei casi a seguito di un rifiuto, evento più comune tra le ragazze più giovani). Non si tratta, dunque, esclusivamente di relazioni coniugali, ma anche di tutta una serie di rapporti (veri o presunti) in cui si instaura una relazione di potere tra uomo e donna.
Nel 55% dei casi l’autore della violenza è il partner attuale, convivente o meno, in più di un quarto si tratta dell’ex partner e nel 13% di un membro della famiglia di origine, padre, madre, figlio o altro parente. Guardando il dato per nazionalità, vediamo come sia decisamente più alta la percentuale di donne straniere che vive situazioni di violenza con il partner attuale, 68,9% vs. 50%, mentre tra le donne italiane maggiormente diffuse anche le situazioni in cui l’autore è l’ex partner, un conoscente o un parente.
Per quanto riguarda i CAV (Centri Antiviolenza) quelli attivi in Toscana sono 24, con una presenza capillare che assicura 95 sportelli di accesso, diffusi in ogni area della Toscana. Dal 2010 allo scorso anno sono 26.000 le donne che vi si sono rivolte. I primi accessi sono in crescita, passando dai 2.440 del 2016 ai 3.606 del 2019. Quasi due donne su tre accedono in modo diretto ai Centri. Le altre vi arrivano tramite i servizi sociali (26,4%), le Forze dell’ordine (15,5%) e i Pronto soccorso (8,4%). Nel 2019 lo hanno fatto soprattuitto le donne italiane tra i 30 e i 49 anni in possesso di un titolo di studio superiore, anche se si registra un aumento delle minorenni, spesso vittime di violenze sessuali.
Oltre il 40% delle donne non ha alcun tipo di reddito, una percentuale che sale al 51,6% nel caso di straniere. La forma di violenza più diffusa è quella psicologica, che si accompagna sempre anche a quella fisica. Gli autori sono soprattutto i partner o ex partner. Sei donne su dieci affermano che anche i loro figli hanno subìto una qualche forma diretta di violenza, un numero che sale al 66,7% in caso di donne straniere. Quelle che hanno sporto denuncia lo scorso anno sono state il 31,3% del totale.
Un punto importante per il contrasto alla violenza sono le Case Rifugio. Dalle 10 del 2013 si è arrivati oggi a 23 strutture segrete di protezione, per un totale di 148 posti letto. Lo scorso anno sono state 116 le donne lì ospitate, di cui 87 straniere con 144 tra figli e figlie. Sono state 65 quelle che hanno concluso il loro percorso presso una Casa rifugio. Il periodo medio di permanenza, con 319 giorni, si avvicina ad un anno. E l’accoglienza non ha limiti temporali. Nelle 23 strutture sono presenti 312 operatrici di cui 158 lo fanno a titolo volontario.
Per quanto riguarda il coinvolgimento di minori nelle dinamiche della violenza famigliare e non, i dati raccolti dal Centro di documentazione dell’Istituto degli Innocenti evidenziano come negli ultimi tre anni c’è stato un aumento del numero dei casi di violenza alla quale hanno assistito dei minori: 1.487 nel 2017, 1.805 nel 2018 e 2.130 nel 2019 con un incremento del 43%. I maltrattamenti in ambito familiare aumentano del 23% passando dai 2.770 del 2017, ai 3.203 del 2018 ai 3.410 dello scorso anno.
Un altro solido pilastro della rete di contrasto alla violenza di genere è la Rete Regionale Codice Rosa. E’ quella che definisce le modalità di accesso e il percorso sociao sanitario per le donne vittime di violenza. Nel 2019 si sono registrati 1.645 accessi da parte di adulti e 305 da minori. Sono in crescita quelli da parte dei più giovani (18-29 anni) e i due terzi riguardano gli italiani. I maltrattamenti coprono la quasi totalità dei casi (93,7%) mentre gli abusi sessuali rappresentano il 4,4%. Residuale, ma raddoppiata nel 2019 rispetto all’anno precedente la quota delle vittime di stalking (1,9%). Nell’ultimo anno gli accessi al Pronto soccorso da parte di bambine e bambini sono stati il 15,6% del totale e il 10% ha riguardato bambini da zero a due anni. Un accesso su 5 riguarda ragazze e ragazzi tra i 15 e il 17 anni.
Per quanto riguarda i Consultori, lepersone assistite in queste strutture nel 2019 sono state 905, con un aumento di 144 rispetto all’anno precedente e 3.365 prestazioni erogate. L’82,4% sono donne (754, di cui 91 minorennni). I minori vittime di violenze sono l’8% del totale. Si tratta di maltrattamenti psicologici (29,6%), abusi fisici (39,8%) e sessuali (6,6%) mentre un accesso su quattro riguarda situazioni di negligenza genitoriale.
Infine, i Centri per uomini autori di violenze. Gli uomini accolti nei 5 Centri attivi in Toscana a loro dedicati, sono stati 211 nel 2019, contro i 127 dell’anno precedente. Più di due su tre agiscono con violenza nei confronti della donna con cui convivono e il 10% verso i figli. Gli uomini violenti vi arrivano o per decisione propria (27%) oppure per segnalazione (61,6%) da parte del carcere, dei servizi sociali, del Tribunale. Il 77,2% è di nazionalità italiana. Più della metà ha un’età compresa tra i 30 e i 49 anni. Il 41,8% ha la licenza media e il 12,4% la laurea. Tre su quattro hanno figli e nel 72% dei casi, minorenni. Due su tre hanno esercitato violenza sulla partner attuale, il 20% sulla partner passata e il 10% sui figli. Il 23% degi uomini trattati ha concluso il percorso, il 28% ha abbandonato, ma la media nazionale degli abbandoni raggiunge il 33,6%.
In generale, nel periodo del lockdown le condizioni di disagio, pericolo e violenza sono aumentate durante il lockdown (soprattutto in caso di convivenza con il maltrattante) durante il quale, in molti casi, la convivenza forzata ha portato all’acuirsi delle situazioni di disagio. Del resto, il focus straordinario contenuto nel Rapporto, ha messo in luce l’aumento del numero dei contatti dei centri antiviolenza, ma anche la diminuzione delle denunce.
Le due assessore regionali alle pari opportunità ed alle politiche sociali, Alessandra Nardini e Serena Spinelli, in occasione della presentazione streaming del XII Rapporto sulla violenza di genere in Toscana, hanno ribadito la volontà della Regione di portare avanti ed incrementare politiche e progetti per il contrasto alla violenza di genere ed agli stereotipi culturali che la alimentano.
Sul tema della violenza di genere è intervenuto anche il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, che ha ricordato come la violenza contro le done debba essere affrontata con estrema urgenza: “Siamo davanti ad un fenomeno in crescita – ha detto – un fenomeno mondiale ma che anche da noi spaventa, con la media di un femminicidio al mese. La fragilità e le brutalità della società di oggi porta troppi uomini a reagire con violenza, quindi occorre una grandissima opera di sensibilizzazione partendo dalle scuole e dai giovani, per diffondere una cultura che contasti la violenza a 360°. Il 25 novembre è una ricorrenza importante perchè riporta questo tema l’attenzione globale, ma questa giornata deve essere solo il primo passo, seguito da azioni incisive e mirate per affrontare concretamente la questione ed invertire la tendenza”.