Working poor, se la mensa costa troppo

Firenze – Pagare 5,50 euro per pasto, primo, secondo e contorno sono troppe? Potrebbe apparire una domanda oziosa: nella media, no, anzi, assolutamente no. Ma qualche volta possono pesare su un bilancio famigliare come un macigno.

Andrès (nome di fantasia) è un dipendente della cooperativa Colser, cui è stato appena rinnovato l’appalto per mense a gestione diretta del Dsu-Toscana. Come tutti, lavora il più possibile, cercando di fare molte ore di straordinario per poter provvedere ai bisogni della sua numerosa famiglia. Lavora circa otto ore al giorno, a volte sei, a volte di più, secondo le necessità dell’azienda.

La particolarità di questo tipo di lavoro, è che l’orario non è continuo, ma spezzettato in 4, due, tre ore, con pause fra uno spezzone e l’altro. Del resto, è ovvio: questi lavoratori nella ristorazione pubblica contribuiscono a mantenere efficiente il servizio coadiuvando e aiutando i lavoratori di cucina (cuochi e altre figure professionali) direttamente assunti con contratto nazionale dal DSU. Un lavoro che si svolge spalla a spalla, spesso molto simile, se non uguale. Ma ecco che scatta la pausa pranzo: insieme ai colleghi assunti dall’azienda universitaria, non si siedono i colleghi della cooperativa. A causa di quei 5,50 euro per il pasto. Per altri, dipendenti del DSU Toscana che lavorano in mensa, il pasto è gratis perché mangiano ad orario disagiato, alle 11 e alle 18.

Torniamo ad Andrès, il nostro lavoratore simbolo. Lo stipendio che percepisce, anche con gli straordinari, si aggira sui mille euro. Da questo, deve sottrarre circa 700 euro di affitto. Pagare le bollette. Provvedere ai figli tutti minori. Mangiare sul posto di lavoro, significa spendere tutti i giorni quasi 6 euro; se poi si fa il rientro, siamo almeno a undici euro. Inoltre, abitando a una certa distanza dal posto di lavoro, è costretto anche a sostenere le spese del viaggio casa-lavoro. Andrès, come la maggior parte dei colleghi della cooperativa, si porta un panino oppure salta.

“Si tratta di una questione di equità – dice Mario Bufano, rappresentante sindacale dell’Usb – urla vendetta che, dopo aver lavorato spalla a spalla con i colleghi della cooperativa, al momento del pranzo loro siano costretti a non sedersi con noi, ma a consumare qualcosa portato da casa, o saltare. Del resto, è normale che anche 5,50 euro possano pesare, in particolare in famiglie numerose e spesso monoreddito. Ciò che chiediamo è l’abbassamento del costo del pranzo almeno a due euro e spiccioli, tanto quanto spendono gli amministrativi del DSU Toscana”.

L’istanza portata davanti al DSU non ha sortito, per ora, effetti. Da parte dell’azienda universitaria, dicono dal sindacato, arriva la richiesta di un’attivazione da parte della stessa Colser per “contrattare” il prezzo del pasto, mente da parte della cooperativa sembra, dicono ancora dall’Usb, che sia proprio l’azienda a tenere le saracinesche abbassate. Per ora,  Andrès e i colleghi, all’ora di pranzo, guardano gli altri sedersi e mangiare.

per saperne di più:

Colser, la cooperativa alza il costo dei pasti ai dipendenti

 

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