Web tax e copyright, la stretta su internet

La norma anti-Google passa alla Camera in commissione Bilancio

Web tax e copiright, la stretta su internetPotrebbe essere l’Italia il primo Paese europeo ad applicare la web tax. La norma, approvata venerdì sera in commissione Bilancio della Camera nel corso dell’esame della legge di stabilità, prevede in particolare che servizi e prodotti online di multinazionali del web potranno essere acquistati, in Italia, solo “da soggetti titolari di una partita Iva italiana”. Si tratta di una stretta senza precedenti sulla rete alla quale dovranno sottostare anche giganti del calibro di Google. L’emendamento Pd sulla web tax che ha come primo firmatario Edoardo Fanucci (Pd) è stato sostenuto anche dal presidente della commissione, Francesco Boccia (Pd). Intanto il governo accelera anche sul fronte della tutela del copyright.

L’emendamento, che ha incassato anche il sostegno di Sel e Svp, prevede che “i soggetti passivi che intendano acquistare servizi online, sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media ed operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana. Gli spazi pubblicitari on line e i link sponsorizzati che appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca, visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito o la fruizione di un servizio on line attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobili, devono essere acquistati esclusivamente attraverso soggetti (editori, concessionarie pubblicitarie, motori di ricerca o altro operatore pubblicitario) titolari di partita Iva italiana. La disposizione si applica anche nel caso in cui l’operazione di compravendita sia stata effettuata mediante centri media, operatori terzi e soggetti inserzionisti”.

L’obiettivo è limitare l’elusione fiscale – del tutto legale -praticata in particolare dalle web company Usa che effettuano triangolazioni finanziarie in Paesi con regimi fiscali agevolati.

Una proposta che ha già scatenato la durissima reazione della l’American Chamber of Commerce in Italy, rappresentanza della “Confindustria” americana: “È evidente la contraddizione tra le finalità di questi emendamenti, dal vago sapore protezionista, rispetto agli scopi di apertura ed incremento dell’attrattività del Paese contenuti nel piano Destinazione Italia. Da un lato si chiede agli investitori internazionali di scommettere sull’Italia, dall’altro, invece, si innalzano nuove barriere per difendere presunti interessi nazionali”.

 

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