Roma – Un documentario di un giovane regista napoletano, Antonio Castaldo, su Giuseppe Patroni Griffi, poliedrico regista di cinema, teatro e televisione, oltre che romanziere, dramaturgo e sceneggiatore, è stato presentato al Piccolo Eliseo di Roma davanti a una sala gremita e alla presenza del presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano.
“Metti, una sera a cena con Peppino” è il nome del documentario, prodotto da un gruppo di giovani, capitanati da Castaldo e dalla produttrice Laura Catalano con la collaborazione dell Istituto Luce-Cinecittà, che celebra vita e opera di Patroni Griffi, attraverso i ricordi di amici, alcuni dei quali, il tre volte Premio Oscar, Vittorio Storaro, la costumista Gabriella Pescucci e l’attore e cantante Massimo Ranieri.
Nato a Napoli il 27 febbraio del 1921 e morto a Roma il 15 dicembre del 2005, Patroni Griffi, Peppino come lo chiamavano amici e nemici, faceva parte di quella generazione di giovani napoletani di talento che, finita la seconda guerra mondiale, sono partiti per Roma per dare sostanza ai loro sogni, alcuni dei quali hanno segnato la cultura e la politica della seconda metà del Novecento.
Di quel gruppo si sono fatti notare Francesco Rosi nel cinema, Raffaele La Capria nella letteratura, Giorgio Napolitano in politica. Peppino li superava tutti per ampiezza e vastitá di interessi, che spaziavano dalla letteratura con “Scende giù per Toledo” e “La morte della bellezza” al teatro con “D’amore si muore”, “In memoria di una signora amica” e “Metti, una sera a cena” e in cinema con l’adattamento di questa ultima pièce e “Addio fratello crudele”.
Ma soprattutto, Patroni Griffi seppe imporre il suo talento e capacità con quel progetto, creduto impossibile, di Andrea Andermann di portare l’opera nei luoghi veri dove si svolgeva l’azione (la chiesa di Sant’Andrea della Valle, Palazzo Farnese e Castel Sant’Angelo per “Tosca”, Parigi e Versailles per “Traviata”) trasmettendole dal vivo e in diretta simultanea per milioni di spettatori di mezzo pianeta.
Il documentario, frutto di più di due anni di sforzi da parte di un giovane regista di 36 anni, Antonio Castaldo, napoletano come Patroni Griffi, e di un gruppo di coraggiosi principianti, tra cui un bisnipote che porta lo stesso nome di suo prozio, Giuseppe Patroni Griffi, è piuttosto un atto d’amore verso un artista oggi ingiustamente dimenticato.
In questo atto di amore, Castaldo è accompagnato da tanti amici di Peppino come Napolitano che ricorda gli anni quando tutti i due facevano teatro nelle file della Gioventù Universitaria Fascista o come La Capria, che ammira più il letterato che l’uomo di spettacolo, o come la produttrice Marina Cicogna che racconta i problemi di censura affrontati prima dell’uscita di “Metti, una sera a cena”.
La costumista Gabriella Pescucci invece, si ricorda delle interminabili cene che organizzava Peppino, uomo della notte, alle quali non bisognava mancare se si voleva continuare a lavorare con lui, Storaro della faticosa lavorazione di “Tosca” e “Traviata” mentre Ranieri lo definisce un Geppetto che fece di lui un Pinocchio. Tutti, amici, collaboratori, critici e studiosi, elogiano il carattere umano di Peppino, “capace di ascoltare”, “di provare per ore un piccolo gesto senza mai arrabbiarsi”, “di adattare il testo all’attore e non viceversa”.
Castaldo miscela questo caleidoscopio di opinioni e ricordi con frammenti della sua opera teatrale, cinematografica e televisiva e grazie alla voce multiforme di Peppe Barra fa rivivere l’incipit di “La morte della bellezza” o l’episodio di “Scende giù per Toledo” quando il protagonista, un “femminiello” Rosalinda Sprint. scopre nello stesso istante l’amore e l’infelicità che lo accompagnerà per tutta la vita con un linguaggio immaginifico che è la maggior qualità di questo capolavoro della letteratura italiana contemporanea.
Nei suoi 65 minuti, Castaldo riesce a riassumere vita e opera di un autore che non meritava certamente l’oblio nel quale sprofondò nei suoi ultimi anni di vita.
Giorgio Napolitano
Sopra: Antonio Castaldi con Luca Barbareschi