Prato – “Non ti azzardare a denunciarmi…se tu mi denunci io ti ritroverò e ti ammazzo”queste le parole di M.C., urlate a Lea Taccini la sua ex convivente, mentre era in terra in una pozza di sangue. Così comincia il racconto della giovane donna di Fornacette di Montespertoli, ancora sotto shock per l’aggressione subita all’alba di domenica 10 luglio, …”gli avevo lasciato le chiavi dell’abitazione, anche se non vivevamo più insieme, perché doveva riprendersi alcune cose, i rapporti tra noi erano cambiati da febbraio, quando decisi di mandarlo via di casa, perché non andavamo più d’accordo.”
“Ricordo che in quel mese, dopo l’ennesima discussione”, continua la donna che è una pittrice e scultrice di professione, (figlia d’arte del famoso pittore e ceramista Eugenio Taccini), “mi picchiò, ho ancora i addosso i lividi, ma non volli andare né al Pronto Soccorso, né lo denunciai,perché ero riuscita, nonostante le botte, ad aver messo la parola fine a un rapporto d’amore malato, ben 15 anni vissuti insieme ,..ma confesso che allora ho sbagliato, perché se all’epoca lo avessi fatto, ora forse, non starei qui, morta di paura e con la spalla fasciata.”
E continua,”M. era ossessionato dalla gelosia,non mi parlava più, in casa non mi rivolgeva la parola, ma dopo che c’eravamo lasciati, mi cercò di nuovo, confessandomi che stava male e si scusò dei suoi silenzi giustificandoli con il fatto che soffriva”.
“Riconosco che ho sbagliato” dice spaventata,” e ho sottovalutato i suoi segnali di violenza, che ora mi tornano in mente, quasi un presagio di quello che domenica mi è successo quando, salita in camera da letto, per aprire gli scuri della finestra, l’ho visto sdraiato sul letto. È stato un attimo, urlando mentre io scappavo giù per le scale, ha preso un machete da una stanza vicina e mi ha raggiunto in cucina e lì bloccata al muro mi ha colpita: ho visto la lama venirmi addosso e per istinto mi sono voltata, ma non ho potuto evitare che la lama del machete affondasse nella mia spalla..
“Ho creduto di morire” – rammenta – “e forse sarei morta se la persona che mi aveva accompagnato a casa non mi avesse soccorsa, tamponando alla meglio la ferita, mentre M. si dava alla fuga, minacciandomi di morte se lo avessi denunciato.
“Ma ora è in carcere..”,”ci resterá..”,Io ho paura… ancora tanta paura… “così confessa alle due avvocate Anna Edy Pacini ed Elena Augustin, dell’associazione Anna Maria Marino di Prato per SVSL, che l’hanno incontrata nella stanza dell’Ospedale di Empoli, dove la donna è tutt’ora ricoverata e a cui si é rivolta per essere seguita, dando così mandato alle sue legali rappresentanti, di costituirsi parte civile nel procedimento penale per ottenere, nelle sedi competenti, il risarcimento dei danni subiti.
In foto da sinistra Elena Augustin,Lea Taccini e Anna Edu Pacini