Era il 2020, il primo anno della pandemia, quando Aurélien Bory , regista e coreografo di Tolosa, si recò alla galleria di Palazzo Abatellis di Palermo per vedere la Madonna di Antonello da Messina e fu invece attratto da un gigantesco affresco sei metri per sei di un autore anonimo del quattrocento, “ll trionfo della morte”, rappresentazione macabra dell’infierire della peste bubbonica nella città.
Bory fu affascinato dall’opera così corrispondente alle tragedie dei nostri tempi e decise di farne il nucleo ispiratore di uno spettacolo multidisciplinare di teatro, musica e danza per rappresentare i flagelli della nostra epoca: le morti dei migranti, la guerra, le catastrofi naturali, la violenza sulle donne.
“Invisibili” è il titolo dello straordinario pezzo di teatro-danza che ha aperto il festival di Fabbrica Europa al Teatro Goldoni a un anno dall’esordio al Teatro Biondo di Palermo della Compagnie 111. Il tema della rassegna è la “terra di mezzo” il Mediterraneo, mare di civiltà diventato un luogo di morte per centinaia di persone che fuggono dalla violenza e dalla fame e sempre più travolto dalla guerra.
La genialità di Bory si esprime attraverso l’interazione fra gli artisti in scena tutti palermitani (il sassofonista Gianni Gebbia, il cantante nigeriano Chris Obehi e le danzatrici Valeria Zampardi, Bianca Lo Verde, Maria Stella Pitarresi e Arabella Scalisi, “che ho voluto vedere come le figlie di Pina Bausch”, dice) e la riproduzione in grandezza naturale dell’affresco nel quale le figure sono a loro volta rappresentati in dimensioni naturali.
Fisico d formazione, l’artista francese realizza lo spazio-tempo dello spettacolo attraverso soluzioni scenografiche che fondono i personaggi reali che si muovono sul palco con quelli ritratti dal pittore quattrocentesco.
La morte a cavallo falcia tutto un popolo, devoti e potenti, ricchi e poveri, dame e cavalieri, servitori e musicisti: la scena mette insieme chi è già spirato, chi è in agonia, con la sorpresa di chi sta per essere colto in attività quotidiane. A queste figure dell’apocalisse di Bory si uniscono i personaggi in carne ed ossa grazie al gioco prospettico del tendone sul quale è dipinto l’affresco mosso dalla macchina scenica. Così la danzatrice sale sul cavallo della morte o sembra interagire con il musico e la dama, in un effetto impressionante di sovrapposizione.
In questo modo Bory interpreta le disumanità del nostro tempo: la violenza sulle donne, costrette a un ruolo di dipendenza che vogliono rifiutare, la tragedia dei migranti che cercano la vita su un gommone e annegano nelle acque del mare. E poi la pandemia, la guerra: quadri inquietanti del trionfo della morte.
“Una pittura danzata del mondo. Tra estasi e disillusione”, creata sulle orme di Pina Bausch, la coreografa tedesca che prima di lui ha scoperto e raccontato il fascino di Palermo, le dense profondità del suo passato e o tratti della sua bellezza. Una suggestione che solo l’interagire di arti diverse riesce a trasmettere. Fra queste la musica suonata da Gebbia sulle note di Arvo Part, Cohen, Bach. Il timbro severo e angoscioso del sassofono e il suono triste e solenne dell’organo che accompagna l’ultimo fatele viaggio del gruppo di migranti.
Foto ©rosellina garbo