Firenze – Cesare Prandelli è uomo ammirevole, per il suo impegno sociale, per le sue visioni morali che non sono mai moralistiche, perché non vede il calcio come un sistema chiuso e autoreferenziale, perché è un testimonial affidabile e culturalmente preparato in un momento di grande trasformazione dello sport in genere e del calcio in particolare. Cesare Prandelli è anche un tecnico e un allenatore che deve mettere in campo undici-quindici uomini per tre volte alla settimana.
E qui si crea un paradosso. Perché Prandelli, uomo di calcio, parla di calcio (e insieme di omofobia, di giustizia, di dove va il mondo…) come se fosse “fuori” dal calcio, ma invece ora è “dentro”, eccome se è dentro. Catapultato dalla tribuna sui campi in un momento di grande confusione e crisi della squadra che ha accettato di “traghettare” al prossimo campionato (che ora non si sa se sarà di serie A o di serie B).
Il Prandelli saggio e onesto, nella sua doppia veste, dovrebbe assumersi il dovere e l’onere della verità, non dico sbugiardando Commisso e sputando pubblicamente nel piatto dove mangia ma, almeno nello spogliatoio o nelle segrete stanze della dirigenza, dovrebbe dire apertamente quello che pensa e che conta. Dovrà pur dire che quella di Commisso, che si assume responsabilità (ma senza dire di che) e poi scarica le “colpe” sui giocatori, è l’ennesima mossa incauta e inappropriata in un momento come questo. È sotto gli occhi di tutti che la situazione che si è verificata non è colpa dei giocatori, a meno che qualcuno di loro non si assuma la colpa di non essere quello che avrebbe dovuto essere se fosse stato un altro! Da qui tante insicurezze e demotivazioni.
Spiego in dettaglio e motivo perché ritengo che ora, coerentemente con le stesse premesse di “onestà” di Prandelli, la massima responsabilità se la deve prendere lui. I giocatori ce la mettono tutta, già dai tempi di Montella; e non sembrano, anzi non sono, affatto dei mezzi giocatori. Perché poi vanno nelle loro Nazionali e giocano bene, spesso sono indispensabili (addirittura Caceres nella Nazionale uruguagia, Pezzella e Quarta in quella Argentina, Pulgar nella cilena, recentemente Bonaventura con l’Italia), mentre altri sono pezzi pregiati sul mercato, ora mirati dai predatori che sperano di acquistarli a prezzo di svalutazione (Milenkovic, Vlahovic, Amrabat, Biraghi, Castrovilli…). E cosa dire dei grandi vecchi? Che Ribery non vale più nulla, che Callejon e Borja Valero sono pezzi da museo in esposizione? E dovremmo dire, con Commisso, che tutti quanti non si impegnano? Nossignori, non lo credo affatto. Alla Fiorentina, dal giorno del licenziamento di Montella, manca il gioco e manca la sensibilità di mettere in campo i giocatori nel ruolo che loro compete e che interpretano al meglio.
Ieri sera sin dall’inizio era inguardabile il povero Caceres (nessuno mi dica che non ce l’ha messa tutta!) a fare il terzino di fascia, cosa che faceva poco anche quando aveva vent’anni. Ieri sera era inguardabile Ribery, che si accaniva a sfidare la legge dell’impenetrabilità dei corpi invece di far correre palla e di liberarsene prima di avere tre avversari addosso. Ieri sera, ma anche nelle altre partite di Prandelli, era inguardabile la difesa a quattro, già bocciata un anno fa da Montella che corse presto ai ripari facendo comprare Caceres a campionato iniziato. E Caceres come terzo di difesa ha fatto sempre il suo dovere. Pezzella e Milenkovic sono due ottimi giocatori, ma non quagliano in una difesa a due perché lenti, non aggressivi sugli attaccanti, troppo disposti ad aspettare invece che a anticipare. Per intenderci, sono due Bonucci (e infatti anche alla Juve Bonucci sta giocando uno dei suoi migliori campionati perché è in regia difensiva in genere tra due mastini che gli parano le debolezze).
Ma inguardabile è stato anche il finale di partita, quando Prandelli ha tolto tutti insieme Ribery, Vlahovic e Callejon, proprio nel momento in cui il gioco scorreva con qualche parvenza di automatismo e la palla era quasi sempre nella metà campo del Genoa. E chi è entrato, per rimediare ai problemi dell’attacco? Borja Valero! Io, tutti noi, non possiamo vedere e prevedere quello che un tecnico sa sin dalle sedute (poche) di allenamento, e cioè la tenuta e la salute dei giocatori. Ma forse anche uno che nella vita ha fatto solo la collezione delle figurine Panini si rende conto che non puoi d’un tratto togliere i due esterni d’attacco senza mettere almeno un Lirola in campo e aggiungendo alla lentezza di un gioco che non c’è la lentezza cronica e l’involuzione del vecchio Borja.
E qui veniamo a parlare dei possibili rinforzi di gennaio. Spero proprio che Prandelli faccia valere la sua esperienza e la sua autorevolezza smentendo le voci su Piatek e Caicedo. Andrà via Cutrone (a vedere ieri i suoi venti minuti in campo, si direbbe che è già andato via), ma non manca un centravanti, dato che ne abbiamo due, semmai manca una seconda punta. Lo ridico: manca un Pepito Rossi oppure un esterno alla Chiesa (che poteva essere Sottil!) che sappia allargare il gioco ma anche essere in area a duettare con l’altra punta.
Si dirà che c’è Callejon, ma allora urge provarlo nel 3-5-2 accanto a Vlahovic, visto che lui la fascia non la può certo tenere come la teneva Chiesa. Insomma: intanto rispettare le capacità e le caratteristiche dei singoli in rosa (che non sono indifferenti), pensando insieme ad un gioco che li valorizzi tutti. E poi andare sul mercato pensando prima a come si vuol far giocare i giocatori che si comprano. Non è più l’ora degli acquisti di nome ma non mirati, per capire troppo tardi che non si sa che farsene.