Viaggio al termine dell’autostrada

Scegliamo volontariamente una giornata d’inferno. Avete presente calarsi di proposito nella psiche di uno Céline scrivente il suo “Viaggio al termine della notte”? E così, senza reale motivo, decidiamo di percorrere l’autostrada da Reggio a Rimini un giorno da bollino rosso: sabato 20 luglio, peraltro nell’orario più rischioso, le 10.00. Il suicidio perfetto. Lo facciamo per tastare con mano, una al volante, l’altra a gesticolare fuori dal finestrino, lo stato di insalubrità di un Paese in declino. Senza ritorno. Anche se noi, sudati e sacramentanti italiani mediopadani, saremmo tornati sotto sera. Da lì dunque a poche, maledettissime ore.

Questa auto-purga è necessaria ogni tanto per chi cerca di descrivere la realtà che muta (poco) e trascriverne il resoconto ai fini di presunta utilità socio-mediatica. Immergersi così nel traffico dell’A1 e dell’A14 il penultimo sabato di luglio, nel rito sempre meno collettivo della discesa in Romagna alla ricerca del meritato riposo, è esercizio di vita più che stile. Da lì si ha il polso di cosa stia accadendo, non dagli edulcorati resoconti dei tiggì generalisti. Che, quadripartito il video, lanciano i consueti, inutili appelli alle vacanze intelligenti, con l’ausilio di un qualche ben remunerato esponente della Società Autostrade.

L’autostrada, quella di asfalto e sudore, è letteralmente un girone infernale e non solo per il caldo: sole e gas di scarico, nel serpentone senza inizio né fine, condiscono la giornata su strada di centinaia di migliaia di aspiranti bagnanti, paradossalmente in coda per guadagnare quanto prima la loro fetta di paradiso riminese; file di beduini senza Sultano alla disperata ricerca di un’oasi con laghi e palme. Ma non c’è nulla di Kerouac né di Lawrence d’Arabia. Sarà un caso che sulle frequenze di Isoradio, dove scandiscono la criticità dei tratti più affollati come un mantra, passano le canzoni d’amore di Benigni. Il novello Alighieri che legge un Canto dopo l’altro alla modica cifra di 500mila euro a puntata (sempre di soldoni pubblici mammaraioti). Questi simpatici toscanacci, figli a metà strada della Lupa e del Dolce Stil Novo, dovrebbero invece dire, gli stessero davvero a cuore le sorti culturali degli italici, che basta andare in libreria a comprarsi a pochi euro un testo integrale della Divina Commedia, con ottime note critiche a margine. E col risparmio sui loro televisivi sproloqui danteschi, magari si potrebbe investire per rendere più efficiente (o semplicemente più umana) l’Autostrada del Sole.

Ed è proprio nel bel mezzo del cammin di nostra sfiga che arriva l’illuminazione; saranno forse i primi sintomi dell’insolazione o della cottura a raggi lenti cui siamo sottoposti da ore (due ore e mezza di percorrenza media il solo tratto tra Bologna Borgo Panigale e Imola). Sarà forse che nel tira e molla delle macchine che decelerano e ripartono, frenano e attraversano, riconosci i compagni di viaggio, uno ad uno, senza mai averli visti prima. C’è il Conte Ugolino della Gherardesca, fresco di filiale pasto, gli amanti Paolo e Francesca, col libro galeotto, il fanatico ghibellino Ezzelino da Romano…ci sono tutti. Ci siamo tutti, golosi, invidiosi, lussuriosi…Solo lo Stato è completamente assente: Bologna è uno snodo insormontabile da decenni. La quarta corsia dell’Autostrada, le privatizzazioni, i servizi: tutti coloro che si sono alternati alla guida dell’Emilia felix, cosa hanno apportato? Quale soluzione hanno trovato? Quale problema risolto? Intanto, nessun esponente delle forze dell’Ordine a presidiare, controllare, verificare. Nemmeno uno. E ai caselli (nonostante il telepass, optiamo per l’approccio carnale) al massimo due persone in carne ossa. Al massimo. Tutto il resto è automatico, telematico, fai da te.

craxi_berlusconi1Ed è in quell’ora che volge il disio, al culmine del compatimento umano (cioè del sentire assieme, del co-patire) che il disvelamento dicevamo si fa sommo e drammatico. Siamo soli. Anime sole in fila indiana. Senza manco uno spirito guida. Verso Rimini o dintorni. I frammenti dell’organizzazione sociale completamente destrutturati. Isoradio parla a vuoto; gli amministratori hanno parlato a vuoto, gli automobilisti vagano nel vuoto. La rabbia monta con lo sdegno, la temperatura in ebollizione provoca la salita del sangue al cervello; i display ricordano come il prezzo della benzina continui ad aumentare a dispetto del reale prezzo a barile del petrolio. Incomprensibile conseguenza della globalizzazione finanziaria e dell’impotenza delle authority. Non c’è più nulla che funzioni e o che possa essere ricondotto sui binari della ragione e della giustizia.

E la società civile? Quella dei mestieri e delle professioni? La meravigliosa piccola e media impresa, artigiana e originale, su cui ancora regge, nonostante tutto, ciò che resta del nostro tessuto economico dopo la Lehman Brothers? I due terzi dell’interminabile teoria dei bagni sono con gli ombrelloni chiusi ma i prezzi sono quelli di prima. Come se le spiagge arroventate pullulassero ancora di teutoniche e vitelloni; i ristoranti arrotondano per eccesso e ti evaporano 40 euro per un antipasto di pesce e un sorbetto alla mela. Della Grandeur adriatica, tutta aperitivo e disco-dance, resta solo un insopportabile caldo. Solo ora la comprensione è totale: lo Stato è quel che è perché nessuno sarà in grado di migliorare gli italiani, i loro interessi particolari, i loro asfittici corporativismi. Siamo figli dei Comuni. E siamo fermi lì. Guardiamo a ciò che ci succede in casa (nel senso privato del termine) ma non ce ne frega niente di quello che può accadere lungo la strada. La dimensione pubblica è affar loro; per noi è solo un mammifero da mungere. Ecco perché, accada quel che accada, gli italiani non si ribelleranno mai. Perché non siamo nazione. Checché ne dicano Casaleggio e Delrio

 

 

 

 

 

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