Viaggio a Samarcanda, un sogno color turchese

Firenze – Nessuna città ha un nome così evocativo: appena lo pronunci l’Oriente t’assale. Samarcanda è l’estrema tra le città fondate da Alessandro Magno  città delle fortezze e dei sepolcri; è il nodo carovaniero sulla Via della Seta, il maggior raccordo commerciale di terra fra Cina ed Europa; è la sede  di fortezze, sepolcri  e  templi e santuari   come il Gur-Amir, centro del mondo dalla cupola turchese sotto la quale il grande Tamerlano dorme per sempre.

Samarcanda. Un sogno color turchese, il recente libro di Franco  Cardini, medievista di fama mondiale, Direttore di Ricerca nell’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi ci porta in un mondo favoloso come abbiamo cercato di scoprire con questa intervista.

Nessuna città ha un nome così evocativo:  Perché?

– Credo per motivi letterari:  Samarcanda è una città “di fiaba” sino dai tempi delle Mille e una Notte. Né va sottovalutato che  anche solo tre  il  Sei e il  Settecento hanno circolato decine di melodrammi e opere liriche dedicate a Samarcanda e a Tamerlano, fino al “Bajazet” di Vivaldi. Ovviamente fino alla canzone di Roberto Vecchioni…

Samarcanda  è un  luogo  dove si sono incontrate le civiltà.. ma ciò avviene ancora oggi? 

– Oggi Samarcanda è una città soprattutto di turismo e di cultura all’interno di un paese, l’Uzbekistan, che sta superando gli anni della “crisi del cotone” degli Anni Ottanta e che il governo autoritario ma a modo suo “dinamico” di Islam Karimov ha tenuto anche con metodi duri, fori dal contagio jihadista.

Mito, suggestione ,fantasia: ma chi va oggi a  Samarcanda  riesce a percepirli?

– Direi senza dubbio sì, anche se i recenti restauri, qua e là un po’ pesanti, le hanno fatto perdere il fascino romantico delle antiche rovine. Oggi spettacoli e iniziative varie tendono a mantenere e a rinnovare l’antico fascino.

Scrivi che Samarcanda è  il destino.. Perché? 

– Destino per la sostanza della vecchia leggenda raccontata di nuovo da Vecchioni: il destino al quale non ci si può sottrarre. Il fatto che Samarcanda sia stata la capitale di Tamerlano ha rafforzato quel tanto di “fatale” che aleggia attorno alla sua fama.

Perché  l’Occidente è sempre stato affascinato dall’esotismo  e in particolare dall’Oriente? 

– E’ nel DNA dell’Occidente, dalla Grecia (che è nata da città le quali erano colonie dipendenti dall’impero persiano) in poi, il non porsi – secondo quella che sarebbe invece una norma antropologica costante per qualunque civiltà – “al centro del mondo”, ma il ritenersi fino dalle origini della sua cultura in una posizione “decentrata”, “periferica”. Ciò l’ha messo in condizione di cercar di capire e di apprezzare le culture altrui, al limite di restarne affascinato e innamorato. E’ l’Occidente ad aver inventato l’antropologia culturale, cioè la scienza che studia sistematicamente “l’Altro” e “l’Altrove”, e il concetto di tolleranza. Ma è anche l’Occidente ad aver sistematicamente e implacabilmente assoggettato le culture altre da sé. Qui il nucleo di una contraddizione che forse solo in questi decenni sta emergendo in modo drammatico.

 

Foto: Viaggi Che Passione 

 

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