Via Settembrini: le ragioni di una rivolta

La controversa sperimentazione del doppio senso unico nella zona simbolo della speculazione edilizia

Via Settembrini: le ragioni di una rivolta
Dello scempio urbanistico ne avevamo parlato in tempi non sospetti in un articolo dal titolo profetico: “Nessuno salverà via Settembrini”. Era l’agosto del 2011 e la controversa sperimentazione del senso unico di questi giorni non era nemmeno un’ipotesi, ma già allora esistevano i problemi che oggi vengono sbattuti con rabbia in faccia agli amministratori. Un passato segnato dalla mancanza di pianificazione, da piani regolatori allegri che hanno stravolto ampie zone rurali. Via Settembrini è diventata il simbolo del sacrificio del paesaggio, della qualità della vita, della coesione sociale sull’altare della speculazione. E’ un’illusione pensare che sia sufficiente un senso unico a porre rimedio agli errori. E’ troppo tardi.

E’ uno dei tanti frutti avvelenati di questo scempio la guerra che si è scatenata sulla sperimentazione dei due sensi unici voluta dall’ex assessore al traffico Paolo Gandolfi. Venerdì sera nella sala parrocchiale di Sant’Anselmo c’erano 300 persone divise tra favorevoli e contrari: quando a mezzanotte, dopo oltre tre ore di discussione, l’assessore Mimmo Spadoni ha annunciato che “l’attuale sperimentazione in via Settembrini, con l’introduzione dei due sensi unici, continuerà per altri 15 giorni” è partita la contestazione con fischi e urla all’indirizzo degli amministratori.

Via Settembrini: le ragioni di una rivoltaLa realtà è che i cittadini che oggi si dividono i comitati contrapposti sono ugualmente vittime: hanno ragione i residenti quando rivendicano il diritto di non vivere assediati dal traffico; via Settembrini è una strada di campagna che nel tempo è diventata una via di passaggio senza che le dimensioni siano state adeguate. Hanno ragione i commercianti – ci sono un bar, un forno, un parrucchiere, un negozio di biciclette, una rosticceria e una pizzeria – che denunciano un notevole calo di clienti: “Se non riaprono la strada rischiamo di chiudere” dicono. Hanno ragione anche i cittadini di Bellarosa, Borzano, Rivalta, Fogliano costretti a percorrere 5 chilometri anziché un chilometro e 200 metri.

Allora bisogna ritornare all’origine, a quell’assenza di pianificazione che ha portato ad uno sviluppo urbano incontrollato senza le infrastrutture necessarie. Questo è risultato di una stagione politica che ha consegnato la campagna al cemento. E non c’è senso unico che tenga.

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