Verso l’infinito/Diario di viaggio sulle vette del mondo: lo zaino

Solitudine e sfida verso se stessi, la meta si avvicina

Il grande viaggio verso gli ottomila di Fabrizio Silvietti

27/06/24 – Lo zaino

Mi preparo un caffe nella mia tenda al campo base per ragionare su ciò che mi serve.

Domani salirò al campo 1 per adattare il mio corpo alla quota, il primo lungo il percorso di salita, posto a 5600 metri su una cresta rocciosa. L’unica in un mare di neve e ghiaccio.

Devo organizzare il materiale del mio zaino che, come l’acqua nella gobba del cammello, sarà tutto ciò di cui potrò disporre.

Dopo tante ore di salita mi piacerebbe avere qualcosa, anche se in piccole quantità, che con il suo sapore soddisfi la nostalgia. Parmigiano, salumi, pane di segale. E un Coca Cola (Zero), perdonatemi.

Questo oltre a tenda, sacco per la notte, materassino, gas, fornello, cambio di abbigliamento intimo asciutto, pala, picozza e tutto il materiale alpinistico che indosserò.

Immancabile il peluche di Dedé.

Devo avere qualcosa che come un elastico mi tenga legato a casa, che non mi permetta di allontanarmene.

Guardando in alto, ma ben stretto a ciò che ho e sono, e che attendo di rittovare.

Mi piacerebbe poterci infilare il mio computer, la mia bicicletta, le vacanze al mare con Claudia e Davide, le corse in Cusna, in questo mio zaino.

E poi anche il desiderio, la determinazione, la prudenza, l’entusiasmo, la pazienza, la capacità di controllo del mio corpo, della mia testa, e del cuore.

Ho uno zaino grande, forse riuscirò ad infilarci tutto.

La fatica del portarlo non mi ha mai spaventato

28/06/24 Sbagliare non si può

Prima butto lo zaino sulla riva opposta, un respiro e con tutta la forza salto il torrente che scorre sul ghiacciaio.

Sbagliare non si può, non ci sarebbe replica.

Oltre la lingua del ghiacciaio inizia la salita.

Mi infilo i ramponi, indosso il casco, mi assicuro alle corde, faccio un passo.

Subito mi assale la certezza che sarà dura.

La pendenza è molto elevata, la neve non troppo consistente e ad ogni passo si sfonda con lo scarpone.

Un tratto di roccia mista a ghiaccio vivo mette a dura prova il mio sistema cardio-circolatorio.

Dietro la cresta speri che la pendenza possa diminuire.

Aumenta.

La lunghezza infinita.

Dopo 5 ore di adrenalina e fatica arriva la cresta, e il campo.

Lo spazio dove mettere la tenda è poco, il desiderio di piazzarla è tanto.

Lavoro con pala, picozza e ramponi per ricavare il minimo spazio necessario, lo livello, aggiungo rocce, spacco, pesto, gratto, impreco, incastro i paletti, tendo cordini.

La tenda è montata.

La notte al campo 1 a 5600 metri assicurata.

Sciolgo la neve con il fornello, preparo una vellutata di funghi porcini, mangio il minimo necessario.

Mi cambio e mi infilo nel sacco a pelo, lascio aperto uno spiraglio della chiusura, voglio guardare, voglio lasciarmi impressionare dalla verticalità e dalla bellezza del pezzo di meraviglioso mondo in cui mi sono infilato.

Arriva il buio, io ed il peluche proviamo a dormire, domani scenderò di nuovo al campo base per recuperare.

Per ora aspetto domani per avere nostalgia..

30/06/24 – Solo, mi piace. 

Non cerco di riempire i vuoti di giornate d’attesa con compagnie dedicate, ma resto solo.

Oggi ho camminato fino al campo base del K2 per cercare questi momenti, per restare in movimento, per familiarizzare con me stesso nel vivere questa situazione.

Devo cambiare i parametri, ricalibrare valori, vedermi in un’ottica diversa.

Lascio andare le mie gambe e ragiono sui giorni passati, sui loro insegnamenti, pianifico i futuri, penso a casa, vivo nostalgia, provo tenerezza e amore.

Resto in compagnia di ciò che è dentro me, mantengo il legame, ne trovo le ragioni.

Sto con la mia solitudine, lei sta con me.

Stiamo bene insieme.

Ho necessità dell”azione, perché è in essa che tutto si dissolve; paure, pensieri, e si vive.

Ma quando non è il tempo cerco di mettere a frutto, di creare fondamenta, di consolidare radici.

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