“Verso il capitalismo globale della conoscenza”

Il professor Enzo Rullani, docente dell’università di Venice, al primo seminario di Cna Industria

“Quella che chiamiamo crisi non è altro che un momento della transizione verso il capitalismo globale della conoscenza: la differenza per le PMI del futuro la faranno gli investimenti di oggi e la capacità di fare rete condividendo il rischio di impresa che diventa sempre più alto”. A fornire la chiave di lettura dell’attuale congiuntura economica e finanziaria è stato Prof. Enzo Rullani, docente di Economia delle Conoscenza alla Venice International University durante il primo dei quattro seminari di CNA Industria che hanno preso il via ieri nella sede provinciale di via Maiella.

“Dentro la crisi guardando al futuro” è il comune denominatore del ciclo di seminari organizzati da CNA Industria e CNA Reggio Emilia con il patrocinio della Camera di Commercio e in collaborazione con il Banco San Geminiano e San Prospero: a Rullani è spettato il compito di affrontare il tema “Prospettive di sviluppo delle piccole e medie imprese nell’attuale quadro economico”.

“La vera questione è saper guardare questa crisi con occhi nuovi – ha spiegato il prof. Rullani – perché tutte le crisi di solito rimbalzano dopo aver toccato il punto minimo e invece questa continua a slittare su nuovi ambiti senza risolversi? Se continuiamo a basarci su strumenti di analisi antiquati chiamando in causa la crisi del ’29, se continuiamo a pensare che sia tutta colpa del neoliberismo, o della politica o della finanza non riusciremo mai a capire cosa sta succedendo e soprattutto quanto questo momento storico sia pieno di opportunità: non si tratta di trovare una medicina per guarire dalla crisi ma di mettere in atto una vera e propria trasformazione”.

“Si esce dalla crisi solo adottando un paradigma nuovo, quello del capitalismo globale della conoscenza – ha aggiunto Rullani – la questione vera è dunque come approfittare del surplus prodotto da questa nuova partita e la risposta è investire sulla conoscenza generativa e non più su quella replicativa che è ormai patrimonio di altri Paesi che possono produrre a un costo inferiore. La sfida per le imprese è creare prodotti più complessi facendo rete sia con altre imprese che all’interno dell’impresa stessa, creando una sorta di partership con i propri lavoratori per professionalità sempre più specializzate e legate a un progetto comune. Investire nell’economia della conoscenza genera un rischio molto alto che, in un mondo in continuo cambiamento, deve essere condiviso: sarebbe necessario ad esempio costruire filiere a prezzi variabili in cui ci sia una vera condivisione del rischio tra istituti di credito, investitori e lavoratori”.

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