Venti di guerra? Se gli Usa colpissero militarmente l’Iran…

Cronistoria dei rischi di uno scontro tra Usa e Iran nella narrazione del professor Roberto Fieschi, sarebbe un altro errore dopo quello catastrofico del conflitto in Iraq. Col fiato sospeso

Cresce il rischio che gli Stati Uniti scatenino un’altra guerra catastrofica – questa volta contro l’Iran. Ciò che gli SU hanno fatto all’Iraq non deve essere ripetuto all’Iran.

Pretexts for an Attack on Iran

Don’t Iraq Iran

Per molti anni gli SU definirono l’Iran “evil nation” o “rogue state” e l’accusarono di sostenere il terrorismo internazionale. Ma tali accuse trovano scarso sostegno; se c’è un Paese che ha combattuto contro le forze dello Stato Islamico e quelle di al Qaeda (legate a doppio filo con numerose delle monarchie del Golfo Perisco), questo paese è proprio l’Iran.

L’Iran è circondato da basi militari americane.

https://www.google.com/search?q=basi+americane+vicino+all%27Iran&tbm=isch&source=iu&ictx=1&fir=sw0aBicMibcGsM%253A%252CBWfgf-B9IVAlNM%2

Nel 2003 l’Iran ha proposto agli SU un negoziato su tutte le questioni aperte, inclusa la sua tecnologia nucleare, ma gli SU hanno rifiutato.

Già nel 2007, e poi ancora nel 2017, i sostenitori della linea dura chiedevano che si attaccasse militarmente l’Iran. Nel 2015 John Bolton, national security adviser del Presidente, scrisse per il New York Times l’articolo intitolato “To Stop Iran’s Bomb, Bomb Iran”.

Recentemente la Casa Bianca ha sostenuto che l’Iran ha violato l’accordo del 2015 che lo impegna a sospendere l’arricchimento dell’uranio (*); di conseguenza si è ritirata dall’accordo, ha rafforzato le sanzioni economiche e minacciato l’Iran di un intervento militare. Ma è attestato dall’ Atomic Energy Organisation che l’accordo non è stato violato.

L’8 maggio il President Hassan Rouhani ha dichiarato che non intende più rispettare alcuni dei limiti concordati sull’arricchimento del suo stok di uranio debolmente arricchito (°), se gli Stati garanti dell’accordo non manterranno le loro promesse diproteggere i settori petroliferi e bancari iraniani dalle sanzioni americane.

(°) L’accordo, noto come Joint Comprehensive Plan of Action, prevede che l’Iran blocchi il suo programma di arricchimento in cambio della sospensione delle sanzioni economiche.

(*) l’uranio debolmente arricchito (ossia con una percentuale di uranio “leggero” intorno al 4%) serve come combustibile nei reattori nucleari; per gli esplosivi delle bombe è necessario un arricchimento molto maggiore, del 90% o più.

In seguito l’Amministrazione Trump ha annunciato nuove dure sanzioni nei settori dell’acciaio del rame e dell’alluminio.

In risposta a non specificate minacce iraniane, la portaerei Abraham Lincoln, accompagnata dal’incrociatore USS Leyte Gulf e da quattro destroyers: USS Bainbridge, Gonzalez, Mason and Nitze. e bombardieri B-52 sono stati inviati nel Golfo Persico.

Patrick Shanahan ha presentato un piano aggiornato per inviare 120000 truppe nel Medio Oriente, nel caso l’Iran attacchi la forze americane o acceleri lo sviluppo di armi nucleari; la revisione è stata richiesta da John R. Bolton e dai “falchi” sostenitori della linea dura.

La Casa Bianca ha dichiarato (5 maggio) che queste misure sono un messaggio inviato all’Iran, una esibizione di forza nel caso di un piano imminente di attaccare installazioni americane, e in risposta a una recente campagna di attacchi: il mese scorso 4 petroliere sono state oggetto di attacchi misteriosi al largo dell’emirato di Fujairah, fuori dallo stretto di Hormuz: gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita (due navi erano saudite) hanno dichiarato che sospettano la mano degli iraniani dietro gli attentati, ma non hanno confermato le accuse in maniera definitiva; inoltre
– ma l’Iran ha negato ogni sua responsabilità – sono stati denunciati attacchi a oleodotti sauditi dei ribelli yemeniti con droni.

Il Segretario di stato Mike Pompeo ha annunciato nuove sanzioni contro ogni Paese che importi petrolio iraniano e ecentemente ha avuto un incontro con i leader iracheni per discutere delle nuove minacce provenienti dall’Iran. Mike Pompeo ha formulato (21maggio) il suo primo discorso programmatico sull’Iran, con un ultimatum che, di fatto, ha più il sapore di una dichiarazione di guerra che non di una proposta negoziale. Pompeo pone all’Iran dodici condizioni definite “di base”; se tutte e dodici non verranno accettate, nessuna delle sanzioni in vigore contro l’Iran sarà revocata o allentata, e anzi incrementata. Tali condizioni sono chiaramente inaccettabili per l’Iran e del tutto arbitrarie sotto il profilo della sostanza.

La narrativa di Mike Pompeo, nel suo discorso del 21 maggio, rappresenta una sintesi elaborata delle posizioni del presidente Trump, di quelle israeliane di Benjamin Netanyahu e di quelle saudite.

Non stupisce che di conseguenza sia aumentata la tensione tra SU e Iran.

Non è chiaro perché Trump consenta a Bolton e a Pompeo di usare le accuse di terrorismo e di riarmo nucleare per provocare una guerra contro uno Stato che non attua alcuna minaccia.

Il 21 maggio l’Amministrazione ha finalmente informato il Congresso sulla natura delle presunte minacce iraniane. Una delle accuse è di aver causato la morte di truppe americane in Iraq; secondo il Pentagono, l’Iran è responsabile del 17% delle perdite americane.Il 27 maggio il Ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha così risposto agli SU dopo che Trump ha dichiarato di non perseguire un cambiamento del regime in Iran ma solo di prevenire la produzione di armi nucleari: l’Iran non intende fabbricare armi nucleari: il Supremo Leader Ayatollah Ali Khamenei già da molto tempo ha chiarito attraverso una “fatwa” che le bandisce, e ha accusato gli SU di causare tensioni nel Medio Oriente.

Alle parole di Trump: “Credo veramente che l’Iran desideri trattare; questa è un’ottima intenzione e credo che si possa fare” Zarif ha risposto. “I fatti, non le parole possono mostrare le reali intenzioni di Trump.” I leader iraniani ritengono che, in assenza di obiettivi precisi, le chiacchiere sono inutili; le aggressive sanzioni economiche e e gli interventi militari nella regione mostrano chiaramente le reali intenzioni degli SU verso l’Iran; fino a quando le sanzioni non saranno ridotte, è inutile negoziare.

Il 2 giugno Mike Pompeo ha detto per la prima volta oggi che “gli Stati Uniti sono pronti a negoziare con l’Iran senza precondizioni”. Ma ha aggiunto: “Lo faremo quando vedremo l’Iran comportarsi come una nazione normale”: Non è chiaro a cosa possa fare riferimento se non a porre altre condizioni agli iraniani. Il portavoce del ministero degli Esteri, Abbas Mousavi: “Non prestiamo attenzione ai giochi di parole. Ciò che conta è il cambiamento dell’approccio generale nei confronti alla Nazione iraniana”.

L’ultimo numero dell’autorevole settimanale “Time” (3 giugno) intitola: “E’ tempo che il popolo Americano sia pienamente informato di una drammatica eventualità. Gli Stati Uniti (….) possono precipitare nella loro peggiore guerra nell’arco di una generazione.” Ce n’è abbastanza per essere preoccupati?

PS – Il 13 giugno nel mare di Oman, nei pressi dello stretto di Hormuz, attraverso il quale transitano ogni anno circa 2.400 petroliere, due navi cisterna cariche sono state attaccate e sono stati pubblicati video che le mostrano in fiamme; una giapponese, l’atra norvegese.

Gli Stati Uniti hanno puntato subito il dito contro l’Iran, la loro bestia nera. Teheran ha respinto le accuse; stava ospitando il primo ministro giapponese Shinzo Abe, arrivato per tentare una mediazione; improbabile che nello stesso tempo l’Iran attaccasse una nave giapponese.

Ricordiamo che nel 2008 l’Amministrazione Bush ha tenuto una riunione per discutere come provocare la Guerra contro l’Iran; il giornalista Seymour Hersh, Premio Pulitzer, scrisse: “Furono avanzate decine di proposte su come scatenare la guerra”.

 

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