Circa 400 persone hanno partecipato in centro storico alla tappa reggiana di “Europe for Peace”, la fiaccolata per la pace in Ucraina promossa in tutta Italia da un cartello di formazioni della sinistra radicale. Non esattamente irenico, a dire il vero, il clima che si è respirato sui social prima della manifestazione, dove non sono mancati i toni accesi tra Raffaele Leoni (Pd, uomo molto vicino al sindaco Luca Vecchi), Valda Busani, storica rappresentante della sinistra radicale antimilitarista ed “anti-imperialista”, e Gianni Tasselli, ex segretario di Rifondazione Comunista. Accuse reciproche di “volontà di monopolio” della piazza e pretese di darsi reciproche “lezioni di pacifismo”, oltre all’insulto, immancabile per gli esponenti Pd, di essere “schiavi della NATO”, hanno reso un po’ più pepata l’attesa di una marcia che si è svolta tranquilla e nella incuriosita indifferenza dei reggiani a spasso per la via Emilia. Insomma, per un attimo è sembrato di tornare ai fasti degli anni ’70, quando il PCI e i movimenti litigavano per intere giornate sulle virgole, gli avverbi e gli aggettivi ma poi, in piazza, si menavano per davvero.
Le parole d’ordine abbastanza ambigue hanno permesso la partecipazione alla manifestazione di forze politiche ed associazioni dall’orientamento molto diverso. Convocata a Reggio con una piattaforma che chiedeva lo “stop di invio di armi” all’Ucraina, senza neanche la richiesta del ritiro delle truppe di occupazione russe, in settimana gli slogan sono virati su un più ecumenico “tacciano le armi”, che ha consentito in extremis anche al Pd locale di aderire con motivazioni simili a quelle tenute da sempre da Enrico Letta, schierato con l’Ucraina e con Zelenskyy. Il presidente ucraino da tempo è invece accusato dalla sinistra radicale di essere non solo una marionetta degli Americani, ma addirittura di avere simpatie naziste, pur essendo egli ebreo ed avendo avuto vari parenti gasati e bruciati nei forni di Auschwitz. Molti i politici presenti alla fiaccolata.
Hanno marciato Luca Vecchi, Daniele Marchi, Raffaele Leoni, Massimo Gazza, Andrea Costa e Matteo Iori per il Pd, il segretario della CGIL Cristian Sesena, l’ANPI, l’ARCI, Paola Soragni per i 5S, il già citato Gianni Tasselli, Federico Amico e Silvia Prodi per Coraggiosa/Sinistra Italiana, il gruppetto delle Donne in Nero, un po’ di centri sociali, i pensionati. Assenti la Cisl e l’Istituto Cervi. Puntuale in apertura di corteo è apparso il cartello contro “l’apartheid israeliano”, che, anche se non c’entra assolutamente nulla con la tragedia Ucraina, nelle manifestazioni della sinistra radicale a Reggio ci sta sempre bene, come il prezzemolo in cucina. Tra parentesi Israele, malgrado i ripetuti appelli, continua a rifiutarsi di fornire sistemi di difesa antimissile agli Ucraini: l’alleanza tra Russia e Iran induce Israele a un atteggiamento molto prudente, ma questi sono evidentemente dettagli marginali, sui quali è meglio sorvolare per non rischiare di scalfire le granitiche certezze dei pacifisti nostrani.
Sul piano politico la marcia assomiglia a un faticoso abbozzo del disegno bersaniano e zingarettiano del “campo largo”, ovvero l’alleanza 5S+SI+Art.1+Pd, un orizzonte politico che trova probabilmente il gradimento del sindaco Vecchi, da sempre vicino alla cosidetta sinistra Pd, e al quale per ora, per comprensibili motivi (leggi elezioni amministrative 2024), è contigua anche l’area Delrio. Durante la manifestazione il sindaco Vecchi ha dichiarato alla “Gazzetta di Reggio” che “l’invio di armi all’Ucraina è stato giusto”, una posizione certamente non condivisa da molti promotori della marcia.
Un’affermazione però a sua volta equilibrista e ambigua: “è stato giusto inviare armi all’Ucraina “non significa affatto che “è giusto” continuare a inviarle…Per il resto, le richieste dei pacifisti, a partire dallo stop dell’invio di armi all’Ucraina, benché mosse dalle migliori intenzioni, come quella di vedere fermata la guerra, se fossero accolte dai governi occidentali produrrebbero la più classica eterogenesi dei fini: annessione di ampie parti del Paese alla Russia, resa dell’Ucraina, soppressione delle libertà politiche (la Russia è una feroce dittatura dove gli avversari politici di Putin vengono incarcerati o uccisi), fosse comuni, pericolo imminente di nuove guerre con Polonia, Georgia, Moldavia, Paesi Baltici, Finlandia, ecc. Mentre scriviamo, in tutta l’Ucraina risuonano di nuovo gli allarmi antiaerei: Putin in gravissima difficoltà sui campi di battaglia si vendica sparando missili sulle città ucraine, e donne, vecchi e bambini sono costretti di nuovo a nascondersi come topi nelle metro e negli scantinati.