La maggior parte delle famiglie è costretta a spostare gli acquisti dei prodotti alimentari verso le "cattedrali della spesa low-cost”, dove si abbassa anche la qualità; questi esercizi commerciali registrano infatti una creescita delle vendite del 3,1%. L’anno nuovo non inverte la dinamica delle vendite alimentari, che anche a gennaio restano al palo segnando un calo dello 0,1% a livello tendenziale e una variazione nulla su dicembre. Vuol dire che gli italiani continuano la “spending review” sulla tavola e se nel 2007 mettevano nel carrello 5 prodotti alimentari, ora ne prendono soltanto 2. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, in merito ai dati Istat sul commercio al dettaglio.
Solo nel 2013 gli italiani hanno speso 3,6 miliardi in meno per i consumi alimentari a causa della crisi. Per questo non c’è più tempo da perdere – sottolinea la Cia -. Ora il nuovo Governo deve procedere con misure di sostegno a reddito e potere d’acquisto delle famiglie, altrimenti non ci sarà mai quella ripresa tanto auspicata della domanda interna indispensabile per far ripartire l’economia.
D’altra parte, con l’obbligo di risparmiare delle famiglie, il prezzo diventa il fattore decisivo nella scelta dell’esercizio commerciale in cui recarsi, mettendo in secondo piano fattori come la vastità della scelta o la qualità -spiega la Cia-. E infatti anche a gennaio solo i discount, cattedrali della spesa “low-cost”, continuano a correre, registrando un aumento delle vendite alimentari del 3,1%. Supermercati e ipermercati “resistono” a +0,2% e +0,6% rispettivamente, grazie anche all’enorme offerta di promozioni e offerte speciali, con ormai più del 30% dei prodotti sugli scaffali “a sconto”. Mentre i piccoli negozi rimangono i più penalizzati, registrando un crollo del 2,9%.