La produzione manifatturiera reggiana apre la prima parte del 2019 con il segno “meno”, rinviando le previsioni di crescita al secondo trimestre.
Gli indicatori congiunturali per la provincia di Reggio Emilia che, nei trimestri passati, avevano già mostrato un progressivo rallentamento, rimanendo però sempre in campo positivo, nel periodo gennaio-marzo – secondo l’analisi dell’Ufficio Studi della Camera di Commercio – hanno invertito la tendenza, segnalando una flessione del 3,2% della produzione.
Il trend è condizionato dall’andamento di tutti i settori leader dell’economia reggiana, ad eccezione della ceramica. Il comparto, infatti, ha registrato un incremento produttivo del 2,5% rispetto allo stesso periodo del 2018.
Le previsioni espresse dagli imprenditori relativamente alla produzione manifatturiera fanno però ipotizzare, per il secondo trimestre 2019, una ripresa di buona parte dei comparti apparsi in flessione tra gennaio e marzo.
Al calo della produzione si è associata anche la flessione del fatturato (-3%), anche se con intensità differenti per i diversi comparti; l’industria ceramica, con un -0,1%, è stata quella che ha risentito meno dell’andamento negativo.
Per il periodo aprile-giugno, infatti, gli imprenditori reggiani intervistati, pur prevedendo stabilità del fatturato nel 46% dei casi, per una quota anch’essa rilevante – pari al 34% – si schierano per la crescita.
Tornando ai saldi del primo trimestre, anche per le vendite all’estero le cose non sono andate bene. Le imprese esportatrici reggiane, infatti, hanno registrato un calo del fatturato del 2,6% rispetto allo stesso periodo del 2018, con un andamento in controtendenza per la ceramica, il cui fatturato è cresciuto, rispetto ad un anno prima, dello 0,9%, e delle “altre industrie manifatturiere” (+0,7%).
In territorio negativo anche il trend degli ordinativi complessivi del mercato nazionale ed estero che, nel periodo gennaio-marzo di quest’anno sono calati del 3,1% rispetto allo stesso periodo del 2018.
Quanto alle previsioni sugli ordini, anche queste appaiono leggermente positive per la quasi totalità dei settori, sebbene rimangano in sofferenza le imprese del sistema moda e, per quanto riguarda l’estero, anche quelle alimentari.