Vecchi e nuovi diritti sotto scacco: un “atlante” proposto da Testimonianze e Amnesty

Un chiaro regresso nel rispetto dei valori di libertà e accesso alle risorse

La Dichiarazione universale dei diritti umani proclamata il 10 dicembre 1948 all’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha compiuto 75 anni, mentre sempre in questi giorni hanno celebrato 57 anni le  due Convenzioni internazionali sui diritti economici, sociali e culturali e sui diritti civili e politici, adottate dall’Onu il 16 dicembre 1966.

A guardarsi intorno non sembra però che negli ultimi tempi il rispetto dei diritti fondamentali abbia fatto passi avanti. Al contrario: le guerre in Europa e in Medio Oriente, l’affermarsi ovunque di governi autocratici e autoritari, i tentativi mai sopiti di pulizia etnica, le disuguaglianze e la povertà crescenti,  la violenza sulle donne e i muri innalzati in tante parti del mondo nei confronti dei migranti, sono  chiari segnali di ritorno all’indietro.

Bisogna perciò mantenere la guardia alzata. A cinque anni dal quaderno monografico realizzato a 70 anni dalla Dichiarazione universale (titolo: 1948-2018, diritti umani in cammino) la rivista Testimonianze offre ai suoi lettori una  nuova ampia riflessione sulla situazione. Già nel titolo “Per un atlante dei diritti umani”, è contenuta la linea di analisi ricca di dati scelta dal direttore Severino Saccardi e dal gruppo di lavoro che l’ha realizzata in collaborazione con Amnesty International.

Il volume curato da Miriana Meli, Riccardi Noury e Martina Ucci, infatti, prende spunto dalla pubblicazione del Rapporto 2022-2023 dell’organizzazione umanitaria dal quale risulta che i tre quarti dei 156 paesi messi sotto osservazione presentano “profili di preoccupazione per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani”. Con il suo milione di volontari e una capacità di analisi (resa ancora più efficace dalle nuove tecnologie per l’osservazione dall’alto) anche per quanto riguarda Paesi che blindano le loro porte, Amnesty International rappresenta il principale presidio per la difesa dei valori fondamentali contenuti nella Dichiarazione del 1948.

Questo è anche l’obiettivo di Testimonianze che, sulla linea dettata dal suo fondatore Ernesto Balducci, si propone come punto di riferimento nella battaglia contro le prepotenze del potere grazie a un periodico aggiornamento. Tanto più ora che dall’aggressione della Russia all’Ucraina (24 febbraio 2022) e dall’attacco terroristico di Hamas a Israele  (7 ottobre 2023) la guerra è tornata a giustificare crudeltà e barbarie.  

A monte delle esplosioni di violenza c’è la tendenza da parte di governi e regimi autocratici o autoritari a conculcare principi democratici fondamentali come la libertà di espressione e la stampa indipendente, a bloccare l’accesso alle risorse naturali, a reprimere il diritto delle donne alla dignità e alla parità.

Partendo dalle emergenze di queste anni, il volume di Testimonianze si concentra sulla repressione dei giornalisti che non accettano un ruolo di sottomissione al potere anche a costo della vita: “L’informazione come conoscenza e disvelamento del mondo è un diritto inalienabile e non sostituibile delle società democratiche e insieme un sacro dovere di giornalisti possibilmente onesti”, scrive Flavio Fusi nel suo intervento che parte dall’uccisione di Ana Politkovskaja a Mosca il 7 ottobre 2006.

Anche nelle società democratiche occidentali “il potere ha trovato modalità sempre più pervasive di controllo del media” (Stefano Marcelli) a causa della crisi dell’editoria indipendente indebolita  dalla rivoluzione digitale. Ahmad Rafat rileva che anche lo sviluppo e il progresso dell’intelligenza artificiale ha consentito ad alcuni governi di migliorare la ”censura online e di controllare la diffusione dell’informazione”. Uno dei tentativi per contrastare la tendenza è il progetto editoriale “Scomodo” fondato da giovanissimi per garantire spazi innovativi di espressione alle nuove generazioni.

L’analisi si allarga alle limitazioni della libertà di culto e a vere e proprie persecuzioni religiose in paese asiatici come Myanmar, Cina e Corea del Nord, come la repressione dei diritti civili in particolare contro le  donne in Afghanistan e in Algeria. Si parla poi del movimento “Donna, vita libertà” fondato dalle donne kurde del Rojava e diventato lo slogan delle donne iraniane che si oppongono all’imposizione del velo e chiedono di partecipare alla vita sociale e civile con parità di diritti (Giuliana Sgrena).  A conferma di quanto sta avvenendo in Iran, una terribile testimonianza della sorella di una donna che ufficialmente sarebbe morta suicida, ma che tutto lascia pensare sia stata vittima delle forze del regime.

Anche in Italia la strada verso la reale parità di diritti fra uomini  e donne è irta di ostacoli a causa del permanere di una scarsità di cultura in una buona parte della popolazione e di una politica che sposa spesso una logica maschilista (Federica Vettori). Soltanto l’educazione permanente al rispetto dell’integrità della persona, nel riconoscimento dei diritti dell’altro, potrà portare a un mondo più equo e a far sì che i principi della Dichiarazione universale dei diritti umani, anche in questo ambito, si traducano in realtà e non rimangano solo sulla carta”.

Marcello Flores, intervistato da Martina Ucci,  apre la discussione ai diritti ambientali e di genere, sistematicamente violati sia per motivi contingenti legati ai conflitti , sia per una loro relativizzazione ad uso dei singoli stati e non solo da parte dei regimi autoritari. “Ormai l’ampiezza dei diritti è notevole e non riguarda più soltanto diritti come la libertà di parola o l’arresto ingiustificato. Basti pensare al diritto alla salute o al diritto all’istruzione che comportano la necessità che i governi dei vari stati adottino delle politiche positive per rispondere a quei diritti”, dice Flores.

Per quanto riguarda l’accesso alle risorse questo è intrecciato con quello della sostenibilità ambientale sulla quale si è appena conclusa la COP28 con qualche passo avanti per ora solo futuribile (dal 2050 stop al combustibile fossile). Tommaso Pacetti propone “una rilettura ecologica della Dichiarazione Universale” riferendosi anche alle riflessioni di  Papa Francesco. Andrea Giuntini mette in evidenza il fatto che, nonostante miglioramenti, una gran parte della popolazione vive in condizione di grave penuria di beni di prima necessità, a causa del forte peggioramento dell’economia mondiale causato dalle crisi climatiche, dalle guerre e dalla pandemia. L’Agenda ONU per lo sviluppo sostenibile 2030, sulla quale scrive Giorgio Valentino Federici, si propone di sconfiggere la fame entro quella data: “Una sfida di proporzioni gigantesche, sulla quale gli investimenti sono enormi”.

Il volume si chiude con due testimonianze terribili sulle guerre in Ucraina e a Gaza: le torture di Bucha, il selvaggio attacco terroristico di Hamas e le indicibili sofferenze dei palestinesi sotto i bombardamenti degli aerei israeliani.  

Il volume di Testimonianze “Per un atlante dei diritti umani” realizzato in collaborazione con Amnesty International verrà presentato a Firenze il 18 dicembre p.v. alle ore 16,30 presso la Biblioteca delle Oblate (via dell’Oriuolo, 24). Insieme con il direttore della rivista Severino Saccardi, intervengono Edoardo Bucci, della Redazione di “Scomodo”, Riccardo Noury, portavoce Amnesty International Italia e Giuliana Sgrena, giornalista e scrittrice. Modera il direttore di Thedotcultura.it Piero Meucci.

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