Domenica 12 e lunedì 13 giugno 2011 i cittadini italiani saranno chiamati al voto per esprimersi su quattro referendum popolari. Quattro quesiti, quattro schede diverse su cui si potrà esprimere il proprio voto mettendo una croce su “Sì” se si è favorevoli alla cancellazione della norma vigente, “No” se la si vuole lasciare inalterata. I primi due quesiti sono stati proposti dallo stesso comitato promotore www.referendumacqua.it. I due quesiti propongono di abrogare norme che portano – direttamente o meno – a perseguire la “privatizzazione” nei servizi idrici.
ACQUA PUBBLICA
Con il Referendum popolare n. 1 – Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica – questa la denominazione “sintetica” ufficiale – si propone l’abrogazione dell’art. 23 bis (dodici commi) della Legge n. 133/2008, relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica.
Si tratta dell’ultima normativa approvata dal Governo Berlusconi che stabilisce come modalità ordinarie di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%. Con questa norma, si vogliono mettere definitivamente sul mercato le gestioni dei 64 ATO (su 92) che non hanno ancora proceduto ad affidamento o hanno affidato la gestione del servizio idrico a società a totale capitale pubblico. Queste ultime infatti cesseranno improrogabilmente entro il dicembre 2011, o potranno continuare alla sola condizione di trasformarsi in società miste, con capitale privato al 40%. La norma inoltre disciplina le società miste collocate in Borsa, le quali, per poter mantenere l’affidamento del servizio, dovranno diminuire la quota di capitale pubblico al 40% entro giugno 2013 e al 30% entro il dicembre 2015.
Con il Referendum popolare n. 2 – Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito si propone l’abrogazione dell’art. 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006 (il cosiddetto Codice dell’Ambiente), limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell’ “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”. La parte di normativa che si chiede di abrogare è quella che consente al gestore di ottenere profitti sulla tariffa.
NUCLEARE: IL QUESITO IN BILICO
Il Referendum popolare n. 3 – Nuove centrali per la produzione di energia nucleare chiede l’abrogazione di parti fondamentali della legge che porta il significativo titolo «Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell’esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonche’ misure compensative e campagne informative al pubblico, a norma dell’art. 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99». In particolare nel quesito si chiede l’abolizione di tutte quelle parti di norma che, su impulso del Governo, hanno reso di nuovo possibile anche in Italia – dopo il referendum del 1987 – pianificare, localizzare e realizzare nuove centrali nucleari. www.fermiamoilnucleare.it
Dopo la sua regolare pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, tuttavia, questo referendum ha subito da parte del Governo una brusca battuta di arresto: con un decreto legge, infatti, la norma oggetto del quesito è stata cambiata in favore di una cosiddetta “moratoria”. In pratica, il Governo – alla luce anche della cosiddetta “ondata emotiva” dei fatti del Giappone – ha sospeso autonomamente il procedimento delle nuove centrali, levando di fatto dal tavolo la legge oggetto del quesito. Non si tratta, tuttavia, di un cambio di rotta: come ha spiegato il 27 aprile scorso Berlusconi in prima persona, si tratta di una scelta “strategica” per evitare la consultazione popolare: “Se fossimo andati oggi a quel referendum – ha argomentato il presidente del Consiglio – il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni a venire. Abbiamo introdotto questa moratoria responsabilmente, per far sì che dopo un anno o due si possa tornare a discuterne con un’opinione pubblica consapevole. Siamo convinti che il nucleare sia un destino ineluttabile”. Si attende – dunque – il pronunciamento della Cassazione per conoscere il destino di questo quesito che, tuttavia, ad oggi è perfettamente valido.
IL LEGITTIMO IMPEDIMENTO
Il referendum popolare n. 4 chiede “l’abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale”. Il “legittimo impedimento” permette al Presidente del Consiglio e ai ministri di non recarsi in un’udienza penale se sopraggiungono impegni di carattere istituzionale. La Corte costituzionale a gennaio ha ridimensionato l’applicabilità della norma, ma un’eventuale vittoria dei sì la cancellerebbe del tutto.
Si vota domenica 12 giugno dalle 8 alle 22 e lunedì 13 dalle 7 alle 15. E’ necessario presentare la propria tessera elettorale, di cui è possibile – in caso di smarrimento – chiedere un duplicato. Si può scegliere di ritirare anche solo alcune delle schede proposte, prendendo parte dunque solo ad alcuni dei referendum proposti.