Utilities: la strada lunga e accidentata per diventare industria

Firenze – Pubblichiamo brani dalla relazione del presidente uscente di Confservizi Cispel Toscana Alfredo De Girolamo all’assemblea tenuta il 12 luglio che ha eletto il suo successore Nicola Perini.

Il sistema delle aziende di servizio pubblico locale oggi è un comparto industriale significativo, conosciuto e riconosciuto, identificabile, ben rappresentato, rispettato e ascoltato, dai media, dagli enti locali, dalla politica.

Nel 2008 abbiamo gestito in modo efficace, originale ed innovativo la “crisi” di rappresentanza nazionale, derivante dallo scioglimento di fatto di Confservizi nazionale e del sistema di rappresentanza che coinvolgeva anche direttamente le associazioni regionali. Abbiamo deciso in quel momento, tutti insieme e all’unanimità, di mantenere una Associazione regionale orizzontale integrata e aperta a tutti i settori, quelli industriali ed a rilevanza economica, e quelli sociali e culturali.

Una scelta seguita da poche realtà regionali, ma che si è dimostrata vincente: siamo una delle poche associazioni regionali funzionanti in Italia. Abbiamo stabilito accordi di leale collaborazione con tutte le Federazioni nazionali, consentendo una rappresentanza unitaria ed omogenea delle nostre associate a livello regionale e nazionale. Abbiamo rafforzato la nostra struttura che è rimasta agile ed economica. Nel 2007 il monte contributi era di 820.000 euro, oggi è di 930.000, un piccolo aumento in 15 anni, considerato che è aumentato anche il numero degli associati.

In questi anni le nostre aziende sono cambiate in modo impressionante. Se torniamo alla memoria ai primi anni del 2000, sembra passata un’eternità. Erano da poco partite le gestioni idriche di ambito, con 6 ATO e il Comitato di Vigilanza! Nei rifiuti la raccolta differenziata era al 25% e le gestioni frammentate. Nel gas e nell’energia elettrica era appena stata varata la riforma Bersani/Letta del 2000. Nel trasporto pubblico locale non erano ancora state tenute le gare che iniziano nel 2005. La riforma dell’ERP appena avviata. Non esistevano Autorità nazionali di regolazione.

Oggi il nostro sistema è un comparto industriale e di servizi di dimensioni importanti, con i suoi 4 miliardi di fatturato annuo, 20.000 addetti, investimenti per oltre 600 milioni l’anno. Ma soprattutto è un comparto fatto da aziende sane, redditive, con bilanci in ordine, capacità tecnica e finanziaria elevata. Nelle varie province siamo sempre fra le aziende più grandi del territorio.

Ho due rammarichi nel consegnare la rappresentanza di questo mondo industriale cosi importante, al mio successore.

Il primo riguarda i decisori politici di questa regione. Purtroppo in questi anni i vari Governi regionali, ma anche comunali, non hanno mai davvero considerato il settore delle utilities come uno dei driver più potenti di crescita economica regionale e locale, di sviluppo occupazionale, di innovazione nei servizi. Non hanno creduto in una vera politica industriale sui servizi pubblici locali. Non ci hanno individuato come alleato, come strumento di politica economica. Nel migliore dei casi c’è stato disinteresse, lontananza. Nel peggiore c’è stato fastidio, sospetto, insofferenza. La discussione pubblica si è concentrata sulle ipotizzate inefficienze pubbliche, sui costi della politica, sulle tariffe troppo alte. In sintesi: non si è creduto e investito in questo settore. Ed è in parte ancora cosi. Non credo che abbiamo particolari responsabilità su questo aspetto: ogni anno abbiamo detto questa cosa, indicata questa strada, forniti dati, numeri, fatte proposte. C’è stata miopia a tutti i livelli, non c’è stata visione, un disegno del futuro. Mi dispiace che non siamo riusciti ad essere più convincenti. La Toscana potrebbe essere molto più avanti se avesse definito una politica industriale forte nei nostri settori. Ed invece la Toscana sta scivolando sempre più in basso nella classifica delle regioni italiane.

Il secondo rammarico invece riguarda noi. In Toscana non siamo riusciti in questi 20 anni a costruire una realtà industriale a scala regionale, affermandola come player nazionale nel mondo delle utility. Conseguentemente non abbiamo nemmeno una società regionale quotata in Borsa, come avviene per altre parti in Italia.

Non dobbiamo drammatizzare questa cosa. Il sistema delle imprese toscane, ancora frammentato, ha comunque garantito servizi di qualità a cittadini e imprese, facendo investimenti superiori alla media nazionale, con tariffe ragionevoli, generando occupazione qualificata e indotto nelle economie locali. Abbiamo costruito un modello non a caso chiamato “toscano”: società miste con gara per il partner, aziende pubbliche che vincono gare o operano sul libero mercato.  Specializzazione monoservizio e di area vasta.

Certo però oggi la mancanza di un operatore di scala regionale rende più difficile il raggiungimento degli obiettivi globali: transizione ecologica ed energetica, economia circolare, mobilità sostenibile, green economy, contrasto ai cambiamenti climatici.

Una sfida enorme per i prossimi 10 anni, che chiama le aziende ad uno sforzo immane, di investimenti, di innovazione, di comunicazione, per essere all’avanguardia nella strategia di sostenibilità. Abbiamo le opportunità del Piano nazionale di ripresa e resilienza, di Next generation EU, dei fondi strutturali. Forse ci aiuteranno le riforme annunciate dal Governo e legate al Recovery plan: semplificazione ambientale, nuovo Mite, concorrenza.

Non è un caso che alcuni Comuni della Toscana centrale abbiano lanciato negli scorsi mesi la proposta di una società multituility, che aggreghi le attuali aziende monoservizio nei settori dell’acqua, dei rifiuti e dell’energia. Una proposta che sta prendendo forma e che credo rappresenti una sfida importante per tutto il sistema regionale. Non è escluso che possano esistere altre proposte ed altri scenari. L’importante è che la discussione sia partita e che si arrivi a concretizzare presto uno scenario industriale regionale più adeguato alle sfide che ci attendono: transizione ecologica, digitalizzazione di aziende e servizi ai cittadini, inclusione sociale.

Un nuovo assetto gestionale industriale dei servizi pubblici locali è anche la migliore proposta che possiamo avanzare per sostenere la ripresa economica ed occupazionale dopo la lunga crisi pandemica, che ci auguriamo tutti si stia esaurendo.

Dai primi segnali sembra che la ripresa possa essere in Italia forte, ma non dobbiamo dimenticarci che l’emergenza Covid ha messo in ginocchio un paese già in crisi economica, condannato alla stagnazione, con una crescita media inferiore a quella italiana pur bassa, tassi di produttività stagnanti, investimenti a picco negli ultimi 10 anni, poca innovazione. E la Toscana, non scordiamolo mai, non era messa bene quando è iniziata la crisi sanitaria.

Oggi la nostra regione conta 37crisi industriali aperte con ben 11 mila lavoratori a rischio. Una situazione esplosiva per un tessuto economico e sociale come il nostro.

Ed il caso di venerdì scorso alla Gkn dove la multinazionale ha annunciato con una email il licenziamento di 422 dipendenti e la chiusura dellimpianto toscano è solo l’ultimo episodio, sicuramente il più grave. 

E di fronte ad un altro pezzo d’Italia, il Veneto ma non solo, dove ci sono imprenditori che chiedono di assumere non solo i tanto ricercati tecnici del 4.0, ma anche i metalmeccanici, qualche domanda su cosa non ha funzionato dobbiamo pur farcela. In un Paese che sconta comunque 700 mila posti di lavoro persi nella stagione pandemica e che ha un tasso di disoccupazione del 10,7%.  

Basta forse ricordare come la prima parte della legislatura del 2018 si è consumata nella convinzione che le politiche attive non servissero più. Anche Draghi non ha nascosto che questa ripresa inevitabilmente sarà selettiva sia dal punto di vista dei settori vincitori e perdenti sia dal punto di vista delle differenti platee di lavoratori. Ci sarà bisogno di un mercato del lavoro più fluido, capace di scommettere sulla formazione e distribuire così molte opportunità. Questa discussione ha iniziato a fare il governo e la sua articolata maggioranza l’importante è che l’ideologia resti fuori.

Solo così potrà ripartire anche la nostra Regione, ma occorrerà fare i conti anche da noi con le contraddizioni di questi anni, consapevoli che servirà lo sforzo di tutti, anche del nostro sistema di imprese e qui voglio dire alcune cose sull’eredità che lascio al prossimo Presidente, alcune idee sull’agenda dei prossimi mesi.

Prima cosa: abbiamo presentato proposte concrete, progetti precisi, investimenti da realizzare per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e per i Fondi Strutturali 2021-27: proposte per tutti i settori che rappresentiamo, proposte per tutte le assi europee: transizione ecologica, digitalizzazione, coesione sociale, politiche culturali. Abbiamo avviato un confronto con la Regione perché queste nostre proposte siano inserite nei piani di spesa e nel programma regionale. Nei prossimi mesi questo negoziato arriverà a conclusione, e dobbiamo essere presenti, convincenti, determinati. Stiamo parlando di centinaia di milioni di investimenti potenziali. Noi ne facciamo già 600 l’anno potremmo arrivare a 1 miliardo se messi nelle condizioni. Siamo pronti a fare investimenti in impianti per la transizione ecologica ed energetica, in edilizia residenziale pubblica, in mobilità sostenibile, in innovazione e progetti di smart city.

Seconda: il processo di semplificazione delle procedure autorizzative, degli appalti, della burocrazia regionale deve procedere spedito e beneficiare delle aperture annunciate ed in parte già realizzate dal Governo Draghi. In Toscana non si riesce più a realizzare nessuna opera pubblica, nessun impianto, per scelte politiche incomprensibili, ma anche per una struttura  amministrativa lenta, prudente, impaurita, macchinosa. Prevale la burocrazia difensiva, la logica dei pregiudizi ex ante invece dei controlli ex post. Vale per gli uffici regionali che autorizzano, vale per Arpat, vale per le Sovrintendenze, per i Comuni. Senza semplificazione non riusciremo a fare gli investimenti che abbiamo proposto. Senza semplificazione la Toscana non tornerà più a crescere.

Terzo: esiste una priorità gestione dei rifiuti. La Toscana, anche qui, sta scivolando in basso nella classifica delle regioni italiane. Non facciamo impianti anzi ci permettiamo il lusso di chiuderli, esportiamo rifiuti, portiamo troppo in discarica. Anche se siamo il più importante distretto del riciclo in Italia. Occorre fare subito il Piano regionale di gestione dei rifiuti, noi abbiamo avanzato una proposta precisa nel 2020 e la stiamo aggiornando. Sappiamo gli impianti da realizzare, sappiamo che dobbiamo integrare rifiuti urbani e speciali. Occorre un Ato unico per i rifiuti possibilmente integrato con quello idrico, occorre un ufficio regionale autorizzazioni che funzioni meglio, occorre una Arpat diversa. Nei giorni scorsi l’assessore Monni ha illustrato, ad un giornale, i punti chiave della sua proposta di Piano: impianti e localizzazioni presentati dalle aziende, call regionale per definirli, niente termovalorizzatori, solo tecnologie innovative. Una proposta sicuramente ricca di suggestioni, nuova e d’impatto, anche se ha suscitato qualche perplessità: speriamo di venire presto consultati come Associazione per poter dare il nostro contributo. Un primo, importantissimo, banco di prova per il nuovo Presidente, che avrà bisogno di una Associazione unita, coesa, motivata e propositiva, per gestire al meglio una negoziazione complessa, ma che riguarda il futuro di una parte importante delle nostre aziende e della Toscana stessa.

Quarto: in materia idrica occorre definire una strategia precisa. Le prime concessioni finiranno nel 2024, le ultime nel 2031. Il tema idrico è centrale per la crescita economica della Regione: la sfida dei cambiamenti climatici, dell’economia circolare, della blu economy è fondamentale. Con lentezza stiamo chiudendo dossier aperti da anni, come quello sugli scarichi e le procedure di infrazione, sui canoni di attraversamento, sui fanghi, sui protocolli condivisi con Arpat.

Quinto: l’ultimo pronunciamento del Consiglio di Stato ha messo la parola fine alla lunga vicenda della gara regionale del TPL del 2015. La Toscana avrà un nuovo operatore. La mobilità delle persone è fondamentale, in particolare dopo la pandemia, per la ripresa economica, la sfida della mobilità verde e sostenibile ci attende, inclusa quella dello smart parking. Un esito che sicuramente segna il ridimensionamento di un sistema di imprese toscane pubbliche e private solido ed efficiente, che ha fatto la storia del trasporto pubblico in questa regione, dal dopoguerra ad oggi. E da qui però bisognerà ripartire.

Sesto: dobbiamo cambiare l’ERP Toscano, costruire nuovi alloggi ERP e ERS e rivedere l’assetto gestionale esistente, puntando ad investimenti in nuovi edifici e ristrutturazioni, con un mix di offerta per i diversi tipi di disagio abitativo, nuove forme di mediazione culturale, l’aggregazione regionale di alcune funzioni delle aziende. Lo si può fare in questa legislatura regionale. Ci sono le risorse del Fondo complementare, quelli dei fondi strutturali e del recovery plan, andranno usati non solo per ristrutturare edifici esistenti ed adeguarli a standard energetici nuovi, andranno usati per fare nuovi alloggi, in uno schema di rigenerazione urbana, senza consumare nuovo suolo. Non basta gestire al meglio il giorno per giorno, occorre una visione, un idea di welfare moderno.

Settimo: la crisi pandemica ha rimesso al centro delle politiche sanitarie la medicina di base, di territorio, di prossimità. Le farmacie comunali hanno svolto un ruolo decisivo in questa crisi, diventando un terminale fondamentale per test, tamponi, vaccini, prenotazioni. Una svolta epocale che ora apre la strada alla realizzazione della rete di farmacie dei servizi, all’interno del sistema dei servizi socio assistenziali regionali. Una rivoluzione che possiamo portare a termine entro la legislatura.

Ottavo: abbiamo messo in campo una proposta per la gestione dei servizi culturali in Toscana, ampliando la rete degli associati. Oggi siamo ancora ospiti della prestigiosa sede del Maggio Musicale, la coordinatrice del settore è la Presidente del Carnevale di Viareggio. La cultura deve essere uno dei motori della ripresa economica in una regione come la Toscana. Vanno usate le risorse del PNRR, dei Fondi strutturali, dell’Art bonus regionale e nazionale. Il nostro sistema di aziende industriali può essere uno dei principali finanziatori del rilancio dell’offerta culturale.

Questi i dossier principali che il nuovo Presidente troverà sul tavolo da oggi pomeriggio ed al quale dovrà dare la sua impronta.

Foto: Alfredo De Girolamo

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