Firenze – La prima cosa che colpisce, nel corteo (circa 500 i partecipanti) organizzato dall’Unione sindacale di Base cui hanno aderito Unicobas e Usi, ma anche Rifondazione, il Comitato del No, altri partiti della galassia di sinistra, il Cpa Firenze Sud, Movimento di Lotta per la Casa, il Collettivo di Scienze Politiche, è il silenzio. Centinaia di persone, centinaia di cartelli, slogan, bandiere, che silenziosamente avanzano per la città, interrotte via via da interventi di alcuni esponenti, da riassunti delle ragioni per cui la manifestazione è stata indetta. Una grande forza tranquilla, che si distende come un fiume placido ma non per questo meno inesorabile attraverso la città, con il piccolo giallo del cambiamento di percorso (un probabile disguido) dell’ultimo momento. La tensione non attraversa le fila dei lavoratori, cittadini, rappresentanti, esponenti, vigili del fuoco, insegnanti, dipendenti pubblici, studenti, persino un gruppo di studenti francesi che marciano con il loro striscione, non l’attraversa in modo elettrico, esplosivo. E’ invece la determinazione quello che sembra il collante di questo grande appuntamento contro le politiche economiche del governo che si declinano, come spiega Stefano Cecchi dell’Usb di Firenze, “nel togliere dignità e diritti ai lavoratori: pensiamo alla scuola, alla sanità, ai settori dei servizi”. Un welfare che sta franando insomma, mentre si ripete “che non ci sono i soldi, mentre la verità è che la politica, il cui mestiere è decidere le priorità, non pone l’interesse collettivo al primo posto”. Appuntamento decisivo, non se lo nasconde nessuno, lo ribadisce Cecchi, il referendum elettorale sulla Costituzione. E se la risposta è No, e tanti sono i cartelloni e le magliette che lo ricordano (partecipa anche il comitato per il No) nessuno è pronto a scommettere che, se vincesse il Sì, sarà la stessa cosa.
Le tematiche toccate nel corso dell’avvicinamento a piazza Santissima Annunziata, punto terminale del corteo, sono tante. Riguardano il Jobs Act, e quindi il lavoro che “viene definito lavoro, ma come si può definire tale un lavoro retribuito a voucher, oppure i 10mila licenziamenti in più per giusta causa oggettiva intercorsi fra luglio 2015 e luglio 2016, dopo l’entrata in vigore del Jobs Act?…”. Ma anche quello straordinario catalizzatore di tutti i problemi che è il diritto alla casa, che mai come oggi sta diventando una delle grandi cartine di tornasole che rivelano lo stato del Paese. Ed è Lorenzo Bargellini, leader del Movimento di Lotta per la Casa di Firenze, a farsene portavoce, parlando di un’era di “disintegrazione, psicologica, fisica e sociale, delle fasce più disagiate, in cui ognuno rimane solo con la propria solitudine”. Ed è questo, uno dei grandi leit motiv della manifestazione, quello per cui la grande forza corale della protesta rischia, secondo il Movimento, di disintegrarsi lasciando macerie, umane prima di tutto. “Per questo – ribadisce Bargellini – vogliamo riaffermare che esiste una possibilità: quella di rimettere in moto un meccanismo collettivo che permetta di non subire più”.
Ad entrare nel merito per quanto riguarda la questione abitativa in Toscana è Asia, il ramo dell’Usb che si occupa appunto di case popolari. E sulle due grandi tematiche di questi giorni, morosità incolpevole e contributo affitti, oltre alla necessità di costruire nuovi alloggi in regime Erp, spiega il suo punto di vista: “Per quanto ci riguarda la morosità incolpevole, in una società democratica, non dovrebbe proprio esistere, perché dovrebbero esserci degli ammortizzatori sociali che permettono a tutti di avere un tenore di vita dignitoso. Per fare questo occorre una ridistribuzione della spesa, quindi l’opposto di chi favorisce le scelte di libero mercato, che strozzano sempre di più i deboli e arricchiscono sempre di più i pochi facoltosi. Anche la logica del contributo affitto così massiccia non ha senso: se deve essere così estesa significa che il valore degli affitti è fuori mercato rispetto ai redditi medi. E allora anche qui il discorso da fare è un altro: ridistribuzione del reddito, a pari lavoro pari salario, riequilibrio tra le varie categorie di lavoratori/dirigenti”. Pura retorica, sempre secondo Asia, è “rivendicare ora nuovi investimenti in edilizia pubblica, tenuto conto del rapido degrado e della dissoluzione cui sta andando incontro la società italiana. C’è un grosso rischio verso il quale stiamo scivolando e che dovremmo tutti cercare di evitare: quando le persone sono allo stremo delle forze e non hanno più nulla da perdere purtroppo sono tentate da gesti estremi, che poi sfociano nella illegalità e nella violenza. E quando le situazioni degenerano poi sono difficili da controllare. Quindi l’appello forte è che ci sia un ripensamento rapido e controcorrente per ristabilire dei sani equilibri di vita nel rispetto della dignità delle persone”.
Continua a marciare, intanto il corteo, sotto un cielo che da plumbeo torna sereno, in un silenzio avvolto solo dalle conversazioni dei partecipanti, dalle brevi soste in cui qualcuno torna a raccontare la fatica di un lavoro sempre più diverso da quello che s’immagina sia il lavoro: voucher, caporalato, precarietà, licenziamenti senza o con giusta causa, insegnanti sbattuti qua e là, scuole senza insegnanti, insegnanti senza scuole, studenti senza gli uni e le altre. Fra la folla, si affaccia anche il volto, stampato su uno striscione di Abd El Salam Ahmed El Danf, il lavoratore egiziano, assunto regolarmente, dell’Usb che ha trovato la morte nel corso di un presidio in solidarietà ai colleghi precari, sotto un tir, lassù, a Piacenza.
Sventolano le bandiere, rilucono gli striscioni, si fa volantinaggio, compaiono le scritte del No. Qualche slogan vola verso il cielo. Piazza Santissima Annunziata, un grande applauso. E domani, per molti, ci sarà il corteo a Roma.
Foto: Toti per Stamptoscana.it