Firenze – Inizio anno, tempo di bilanci e anche di considerazioni per il nuovo anno appena cominciato. Tanto più se l’anno vecchio si è concluso col clangore delle battaglie e quello nuovo s’affaccia già con tutti i problemi irrisolti sul tavolo. Così l’Usb fiorentino tira le fila, sollecitato da Stamp, e parla di ciò che è stato e di ciò che sarà il panorama in uno dei suoi settori più sotto osservazione, vale a dire a Palazzo Vecchio.
Sì perchè se l’anno scorso, come dice Stefano Cecchi, leader storico dell’Usb comunale e non solo (basti pensare che fu il leader sindacale più votato nelle scorse elezioni per quanto riguarda i rappresentanti sindacali dei lavoratori), ha visto due grandi vittorie delle Rsu di palazzo comunale davanti ai giudici, tuttavia il clima non è certo migliorato, tant’è vero che le sentenze, dice Cecchi, “non hanno visto ancora un seguito concreto”. Perlomeno non del tutto, se si pensa che a seguito della sentenza giudiziale che metteva nel conto di cartaccia inutile le lettere di messa in mora che il Comune aveva fatto recapitare a un gruppo numeroso di suoi dipendenti per richiedere indietro soldi attribuiti in busta paga secondo accordi sindacali poi ritenuti validi dai giudici, ancora i lavoratori non hanno visto nessun messaggio (“neppure un sms”, scherzano all’Usb) ufficiale che possa rendere serenità ai lavoratori, o perlomeno che li rassicuri che va tutto bene e non c’è niente che devono rendere indietro.
“Le due vittorie del sindacato sono state l’una il 14 luglio – ricorda Cecchi – quando davanti alla Corte di Cassazione fu smontato il teorema che penalizzava lavoratori e sindacalisti messo in piedi dalla giunta precedente; l’altra il 4 settembre, che ha confermato la validità dei contratti del 2012″.
Se queste sono le cose che è bello ricordare, tuttavia, commenta Cecchi, “nonostante questo, il Comune di Firenze continua, in continuità con l’amministrazione precedente, a ignorare le sentenze e gli accordi sottoscritti”. Tant’è vero che, a parte la vicenda delle lettere di mora di cui s’è già detto, “sono sempre in sospeso i pagamenti relativi al 2014 che riguardano il premio incentivante, mentre l’amministrazione si nasconde sempre dietro il paravento del Collegio dei Revisori. Per fare un esempio di quello che succede, il 31 dicembre l’amministrazione comunale è giunta all’approvazione della determina di costituzione del fondo 2015. Tirata per la giacchetta, intendiamoci; e a chi si chiedesse cosa sarebbe successo se non ci fosse stato quest’atto finale proprio allo scadere del tempo utile, basti pensare che senza la determina, i lavoratori non avrebbero avuto nessun diritto al salario accessorio in generale”.
L’altro grande tema è “l’attacco che il 2015 ha visto scatenarsi contro il servizio pubblico – continua Cecchi – per prendere un esempio sempre sotto gli occhi dell’opinione pubblica, basti pensare all’appalto dei servizi scuola dell’infanzia e di due asili nido. Operazione avvenuta spendendo gli stessi soldi che si sarebbero spesi se si fosse mantenuta la gestione diretta del servizio”. E dunque, come mai si è operata questa scelta? “Si tratta di una decisione politica – risponde Cecchi – una strategia politica chiara che assegna lavoro alle Coop sociali … e mette in condizioni precarie e sottopagate intere fasce di lavoratori, quelli delle cooperative, appunto. Le sacche di precariato che si creano in questo modo, sono evidenti nell’esempio delle scuole, dove i lavoratori coop guadagnano in media dal 30 al 40% in meno rispetto ai lavoratori comunali che svolgono le stesse funzioni, inquadrandoli come educatori invece che come insegnanti. Da sottolineare – conclude Cecchi sul punto – la grossa battaglia che è stata data al Comune da genitori, associazioni sindacali, lavoratori: niente, il Comune non ha sentito ragioni. Comportamento sintomatico della considerazione in cui vengono tenute le classi lavoratrici e i cittadini. . Del resto, che si tratti di un disegno su scala nazionale è stato reso evidente dalle ultime disposizioni di Tronca a Roma“. Inoltre, dice l’Usb, il problema si presenta anche sotto un altro aspetto: continuando il pensionamento del personale senza operare nuove assunzioni (“ciò che manca è la volontà”) diventa più facile poi far avanzare il fronte delle esternalizzazioni. Tutto ciò si unisce agli effetti della legge Fornero, che manda i lavoratori i pensione a 70 anni, “legge – dice Cecchi – che è come la Tavola Sacra: nessuno è responsabile, ma nessuno decide di cambiarla”.
Dunque, sembra proprio che saranno le battaglie contro le esternalizzazioni che creano disparità e precariato, oltre che erosione dei diritti, fra i lavoratori, una delle priorità del 2016. “Ce n’è anche un’altra a cui teniamo tantissimo – aggiunge Cecchi – che è la battaglia salariale. Il contratto decentrato per il 2016 deve vedere ancora l’apertura , mentre il problema salariale è forte: in questi anni i tagli ai salari sono stati nell’ordine di 3-4mila euro in meno a livello annuale”. Questo per i lavoratori comunali: ma i dirigenti? “Hanno riscosso due volte nel 2015: si tratta del premio di risultato del 2012 e del 2013 – ricorda Cecchi – e non si tratta di centinaia, ma di migliaia di euro”.
Ma, a proposito degli stipendi e dei premi incentivanti- salari accessori, ancora non corrisposti ai lavoratori, ricordano gli esponenti dell’Usb, “Gianassi (l’assessore al personale) ha promesso che avrebbe rivisto i lavoratori verso il 15 gennaio. Staremo a vedere. L’impegno di tutti i sindacati – continua Cecchi – è di stare vigili: se non avremo risposte, come si dice, si “ripartirà alla grande””.
“Non bisogna dimenticare, in questo Paese che non ha memoria – conclude il leader dell’Usb – che nonostante milioni di cittadini si siano pronunciati per il mantenimento della gestione pubblica per quanto riguarda i servizi pubblici (il riferimento è al referendum sull’acqua, ndr) si registra l’esatto contrario da parte della politica. Allora il problema che si pone è: sudditi o cittadini? L’Usb allo stato attuale delle cose, ha una certezza: sudditi. Se la gente non riguadagna la centralità della scena politica, si rimarrà sempre … sudditi. Perdendo la dignità (e la credibilità) per poterci chiamare cittadini”.