Usb, Cobas e Orsa, oltre mille al corteo di Firenze

Firenze – Il corteo contro il Jobs Act  si snoda per le strade di Firenze con una sua forza tranquilla, con slogan precisi e urlati sì, ma con calma. E’ un’impressione di grande consapevolezza, quella che dà questo composto corteo di oltre mille persone (circa 800 la Questura, sui 1.500 gli organizzatori) che recano davanti a ogni gruppo, ogni segmento della stessa macchina, la definizione del settore e della lotta: sfilano così i lavoratori di Publiacqua (“stiamo passando in massa all’Usb”, dirà poi un lavoratore che viene da Pisa) i dipendenti delle biblioteche, i precari della scuola, gli operatori dei centri commerciali, i dipendenti pubblici comunali.

E via così, come un enorme, tragico catalogo dove sono rappresentati e declinati i mille volti di una crisi che non risparmia nessuno. Pubblico e privato, ed ecco la novità, se di novità si vuol parlare: accomunati dalla crisi, i lavoratori dei due settori, almeno questa mattina a Firenze, non si guardano in cagnesco, non recriminano, ma si sentono tutti, pubblici privati, “bene nella stessa piazza”.

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Che succede? Forse i tagli, la battaglia contro l’art.18 inteso come simbolo di uno Statuto, che, dice accanto a me una signora che parla con la figlia o nipote che sia, è sempre più “vuoto e calpestato, hanno fatto compiere “un salto” come poi dirà nel suo intervento il rappresentante Usb Stefano Cecchi, nella lotta dei lavoratori. Il “salto” è quello di comprendere in modo profondo, al di là delle parole, che “solo l’unità dei lavoratori conduce al contenimento e a far fare un passo indietro alle politiche economiche del governo”. Politiche economiche, continuano i vari interventi dei vari gruppi chiamati in causa, “che affamano sempre gli stessi”.

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Unità dei lavoratori, ma a nessuno sfugge che lo sciopero nazionale convocato oggi dai sindacati oltre la sinistra della Cgil è anche una prova che il fronte non è compatto. Alla Cgil viene apertamente imputato una sorta di “attendismo” nei confronti di una controparte vissuta come il classico lupo travestito da agnello. A dire il vero, sono proprio i lavoratori stessi a indicare il fallimento, secondo loro, del ruolo svolto dal maggior sindacato italiano nel contrasto a scelte giudicate del tutto a favore di coloro che i soldi li hanno già, di coloro che antepongono il profitto anche nel caso che in ballo ci sia l’interesse pubblico, i servizi ai cittadini. Servizi indicati significativamente in uno striscione come “beni comuni”.

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Infine, altro dato interessante è l’età del corteo, significativamente più bassa rispetto ad altri cortei sindacali. Forse perché ci sono anche gruppi di ragazzi delle scuole, uniti a protestare con gli insegnanti, ma anche perché molti, fra i precari e coloro che le scelte economiche e la crisi lasciano senza lavoro, hanno sui quarant’anni. La generazione “rampante” qualcuno la chiamò degli yuppies, che ora scopre, improvvisamente, il sindacato. E comincia a portare in piazza le bandiere.

 

 

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