Da lunedì tutte le cantine del reggiano aperte: al via la vendemmia nelle 3.452 aziende reggiane.
“La vendemmia è già iniziata a partire dalla a bacca bianca: spergola e malvasia doc dei colli di Scandiano e Canossa che presentano con ottimi risultati qualitativi – spiega Davide Frascari, presidente del Consorzio Vini Reggiani e del Consorzio Tutela Vini Emilia – , ma con un calo quantitativo del 12,3% in peso di uva aggravato dal calo di resa in mosto del 2,3%. L’ancellotta che rappresenta il 43% del patrimonio viticolo reggiano si inizierà a raccogliere dal 3 di settembre, giornata di apertura di tutte le cantine provinciali; quindi un mese prima del 1976, con un calo produttivo, per questo vitigno, del 13%”.
“La minore produzione in generale è avvenuta a causa del freddo primaverile che ha colpito a macchia di leopardo i vigneti emiliani, ma anche per la siccità dell’estate: i vitigni precoci ne hanno subito di più”, spiega Frascari. E’ evidente che la vendemmia del 2012 resterà negli annali. “La produzione è ai minimi da cinquant’anni” aggiunge il presidente “Per questo si produrranno nel reggiano poco più di un milione di quintali di uve, in netto ribasso rispetto all’anno precedente, anzi rispetto ai cinque decenni precedenti”. La buona notizia è che “comunque la vite è più forte del clima ‘impazzito’ che ha portato a un’estate così siccitosa e all’andamento che ha segnato il ciclo vegetativo 2012. La capacità di adattamento dei nostri lambruschi è riuscita a superare i momenti di criticità che hanno invece fortemente compromesso l’esito di altre importanti colture”.
“Quantità ridotta significa qualità decisamente elevata – continua Frascari – l’elevata presenza di pruina (cera naturale prodotta dall’uva) sopra gli acini è sinonimo di una grande qualità. Una presenza molto elevata che rileviamo sul lambrusco salamino che rappresenta circa la metà del lambrusco provinciale coperto da 7.500 ettari di vigneti (la metà a lambrusco) dove, in queste ore, sta scendendo in campo un ‘esercito’ di 2.500 avventizi e 110 macchine vendemmiatrici, nell’82% dei vigneti attrezzati per la raccolta meccanizzata”. “La vendemmia più scarsa dal 1950 è, però, anche conseguenza rispetto al calo degli ettari investiti a vigneto… In Italia nel 1980 erano 1.230.000 ha ora sono 694.000 ha; calo analogo nel reggiano. L’annata più produttiva il 1980 con una produzione nazionale di 86,5 milioni di ettolitri che corrisponde a più del doppio della produzione stimata per quest’anno. Eppure il Lambrusco tiene – prosegue il presidente -. Anzi, si presenta all’autunno 2012 con le scorte dei magazzini ridotte ai minimi e con un mercato in costante espansione”.
“Quanto stiamo assistendo in queste ore – prosegue il presidente – ci fa presagire che si tratti di un’annata di buoni prezzi per gli agricoltori. Anche perché comunque il vino italiano piace e rimane il più venduto al mondo – il Lambrusco ai primi posti – nonostante i consumi nazionali siano in ulteriore calo, vicino al minimo storico dei 40 litri pro capite anno”. Il Lambrusco gode di ottime prospettive di mercato grazie soprattutto al miglioramento qualitativo del prodotto ed alle sue caratteristiche di freschezza, basso titolo alcolico e grazie alle sue naturali bollicine che incontrano l’interesse dei consumatori, soprattutto di sesso femminile. Per il Lambrusco stimiamo il calo produttivo intorno al 6-7%, anche se questo dipenderà molto dal clima delle prossime settimane essendo un vitigno medio-medio tardivo”.
Doppio sorpasso
Da rilevare che nell’anno trascorso, il 2011, per la prima volta nella storia del nostro Paese l’export ha superato i consumi interni, con un valore oltre 4,5 miliardi di euro, valore più alto dell’export dell’auto e della moda made in Italy. E nonostante la crisi, l’Emilia Romagna nel 2012 diventerà la seconda regione vitivinicola del nostro Paese, superando la Puglia e la Sicilia, con una stima di circa 6.000.000 di hl (il Veneto è la prima con 7.600.000 hl) di cui circa la metà prodotta nelle terre del Lambrusco (Reggio e Modena). In merito ai prezzi, si stima che per le aziende i prezzi di liquidazione delle uve quest’anno siano destinati ad incrementare dal 10 al 20% rispetto a quelli dello scorso anno, andando finalmente a coprire i costi produzione.