Una valanga di interdittive antimafia e lo sprone di Davigo

“Bisogna tenere alta la guardia. Anzi, bisogna innalzare ulteriormente il livello di attenzione istituzionale nei confronti di qualsivoglia forma di corruzione e infiltrazione criminale nella cosa pubblica”. E’ l’appello che il prefetto di Reggio Emilia, Raffaele Ruberto ha lanciato, l’altra sera, intervenendo in sala del Tricolore all’incontro pubblico sul tema della corruzione. Ruberto ha fornito i numeri delle iniziative di contrasto e prevenzione delle infiltrazioni mafiose messe in campo dalla Prefettura.

A partire dal 2010 sono state adottate 102 interdittive, di cui 34 negli ultimi due anni. La Prefettura ha finora stipulato oltre 40 protocolli di legalità. L’ultimo in ordine di tempo è il protocollo firmato col Comune di Reggio per l’estensione dei controlli ai settori dell’urbanistica e dell’edilizia privata, Un tema, quello della corruzione, strettamente connesso a quello della criminalità organizzata, ha ricordato il prefetto: “La consapevolezza non è mai troppa. Nel nostro territorio la consapevolezza è ancora agli inizi. Adesso, dopo gli arresti (nell’ambito dell’operazione Aemilia, ndr) si inizia a prendere coscienza del fatto che il fenomeno esiste e che ce lo ritroviamo in casa”.

L’incontro – promosso dall’associazione Cortocircuito in collaborazione con il Comune di Reggio – dal titolo “Nuovi meccanismi corruttivi e crisi della giustizia”, ha visto la partecipazione del presidente dell’Associazione nazionale magistrati Piercamillo Davigo, il quale ha ribadito la pericolosità dei reati dei colletti bianchi. “In questo Paese – ha osservato – manca la percezione della gravità di questi reati che fanno un numero di vittime quantitativamente più elevato di quelli commessi da un qualunque delinquente di strada e fanno danni più gravi”.

Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati ha parlato anche del rapporto tra magistratura e politica che torna ciclicamente a dominare il dibattito nazionale, specie quando sotto inchiesta finisce un esponente politico. “La politica si ostina a non fare una valutazione autonoma dei comportamenti. Attende le sentenze – ha proseguito Davigo -.  Se io invito a cena il mio vicino e lo vedo uscire da casa mia con la mia argenteria, non è che aspetto la sentenza della Cassazione per non invitarlo più. Quello che non è controverso dovrebbe essere sufficiente”.

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