Una lontana stagione sindacale che ha cambiato la società italiana

Il libro autobiografico di Ambrogio Brenna “L’albero vivo spacca la roccia”
Ambrogio Brenna

Tempi bui questi che vedono la caduta del rispetto per l’umanità in nome della ricchezza e la potenza. Che importa se tanta gente resta senza lavoro e tanta altra fatica ad arrivare alla fine del mese. Conta il bruto realizzo, rien ne va plus. E’ lo stile dei nuovi padroni dell’America . Questa ondata di prepotenza istituzionalizzata parte dall’alto, dai rapporti internazionali  improntati al confronto e al conflitto per poi diffondersi come un gas velenoso in tutti i contesti sociali.

Prendetevi allora un momento di serena  riflessione e concedetevi la lettura di un piccolo libro, una “Storia breve” come annuncia il sottotitolo e tornate indietro con la mente di qualche decennio. Non meravigliatevi se ritroverete pezzetti della vostra storia e se scatterà  in voi la molla della nostalgia che non è solo quella della giovinezza perduta , ma ciò che vi spingeva  a dare anche un modesto contributo alla realizzazione di un’umanità più compiuta e di una società più giusta.

Il libro è intitolato “L’albero vivo spacca la roccia”, concetto che sta alla base dell’impegno in qualunque forma si presenti, pubblicato da Edizioni Lavoro, la casa editrice della CISL. L’autore è Ambrogio Brenna , una vita dedicata al sindacato, poi esponente di punta di un governo regionale, che ha raccontato la sua storia basata – confessa – esclusivamente sulla memoria visto che non si è mai preoccupato di mettere da parte documenti e relazioni.

Quello che contava per Brenna era infatti la battaglia quotidiana contro le ingiustizie con tutto il carico di entusiasmo e delusione che questa comporta: “Sì erano lotte per il salario, per la sicurezza, per la salute, per la parità, ma erano soprattutto lotte per “la dignità”. Dimensione umana che non si acquisisce una volta per tutte. Che non basta scriverla sulla pietra della Costituzione perché venga rispettata”.

Nato a Senago, paese dell’hinterland milanese,  padre bidello, madre casalinga e due sorelle, la giovinezza dell’autore è caratterizzata dalla ricerca di un lavoro per contribuire al bilancio familiare. Prima garzone dal falegname, dal panettiere e dall’elettricista, poi finalmente assunto alla fonderia Tonolli con un contratto sottopagato sfruttando il fatto che era minorenne. Le prime esperienze lo avevano messo a confronto con i problemi del lavoro in fabbrica, l’ assenza di riconoscimento di diritti essenziali dei lavoratori: il riposo, la sicurezza, il rispetto della dignità.

Contro l’opinione del padre, iscritto alla Cgil, decise di avvicinarsi alla Fim Cisl, ne conobbe il segretario Pierre Carniti ed entrò a far parte del gruppo di “giovani attivisti che, coniugando la vita di fabbrica e la formazione dava al via a campagne di rivendicazioni in fabbrica”. Erano gli anni a cavallo del ’68, quelli dei rivolgimenti sociali e della spinta verso una maggiore equità sociale. L’esplosione della partecipazione per acquisire diritti negati in azienda e nel contratto nazionale. Ma erano purtroppo anche gli anni di piombo del terrorismo. Anche del tentativo da parte padronale di scoraggiare i rappresentanti sindacali accusandoli anche di essere contigui al terrorismo rosso . Lui stesso fu vittima dei tentativi di isolare il sindacalista dagli altri lavoratori.

Infine la decisione di passare a tempo pieno al sindacato, nel momento in cui si stava per rompere l’unità sindacale e gli esponenti della Cisl venivano accusati di pansindacalismo: “Ma il nostro radicalismo era sempre temperato da pragmatismo. O la lotta produceva risultati, in termini d negoziazione, di sensibilità, di coscienza politica, oltre che di tutela degli interessi, o altrimenti era movimentismo, che in realtà non  ci apparteneva”.

I ricordi di Brenna si riferiscono soprattutto ai cambiamenti in positivo dei servizi sociali per i lavoratori all’interno delle fabbriche, gli asili nido, gli spacci, la tutela sanitaria. “Ricordo la durezza delle lotte, le sconfitte quando non riuscivamo a evitare i licenziamenti, la chiusura delle fabbriche, ma ricordo anche l’intensità dei rapporti che si creavano, le profonde amicizie e la solidarietà che ancora ci unisce”.

Sono questi i valori fondamentali lo accompagnarono nel lavoro prima a Firenze, segretario regionale e poi a Roma alla segreteria nazionale. Il racconto vede fortemente intrecciati i rapporti umani con quelli legati all’attività sindacale, nei quali prevale soprattutto la solidarietà anche se ci si trova su posizioni diverse: “Nonostante le pesanti tensioni si cercava di difendere e di mantenere la necessaria unità di azione nei confronti delle controparti padronali, grazie a un recuperato impegno di chi negli anni precedenti aveva condiviso entusiasmi e obiettivi sindacali e politici”.

Con le altre federazioni metalmeccaniche partecipò al processo di ristrutturazione e riorganizzazione della siderurgia pubblica, riducendo le conseguenza traumatiche per i lavoratori. Tuttavia, annota: “la mancata difesa di un’industria nazionale strategica avrebbe costretto (e di fatto costringe, come oggi è dimostrato) a importazioni che hanno un forte impatto negativo sulla nostra bilancia commerciale”.

E’ sempre stata la convinzione di Brenna che “lo Stato dovrebbe dotarsi di politiche pubbliche di sviluppo nei settori strategici per un’evoluzione moderna e dinamica del paese”. Ma la storia è andata in senso contrario a quello sperato così il leader sindacale ha dovuto alla dispersione dei patrimoni intellettivi e tecnologici dell’Olivetti e di Italtel vittime dell’inizio della finanziarizzazione dell’economia. Fra i successi l’instaurazione di relazioni industriali partecipative, un inedito modello di Mitbestimmung  su base volontaria alla Zanussi Electrolux e la cooperazione internazionale nel campo della formazione.

Infine l’impegno, per due legislature, di assessore alle Attività produttive nella Giunta regionale della Toscana presieduta da Claudio Martini, incarico che lo portò in missione in tutto il mondo (70 viaggi extraeuropei e centinaia di convegni ) e che corrispondeva perfettamente alla sua curiosità intellettuale  e al desiderio di conoscenza: “Il giusto compendio della militanza nella Fim Cisl e forse l’hanno completata”.
Una vita intensa che è stata caratterizzata anche da gravi problemi di salute fino al trapianto di fegato il tutto reso sopportabile grazie agli affetti familiari e a un lavoro che lo realizzava e lo faceva crescere.

Cosa resta nella società di oggi di quella generosa e in tanti casi davvero disinteressata dedizione? Si chiede Martini nella postfazione: “Il fiume carsico scorre ancora – scrive – perché non è stato solo limiti ed errori. Ha significato molto per tanti, ha cambiato in profondo la società, ha dato e aperto speranze a chi stava peggio”. Ecco perché è importante fare tesoro di libri come quello di Ambrogio Brenna, piccoli intensi contributi per la ricerca di diversi, più profondi, rapporti fra gli uomini.

In foto Ambrogio Brenna

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