Prato – E’ possibile toccare il settimo cielo e per combinazione farlo al settimo concerto della Camerata Strumentale città di Prato in programma venerdì 17, ore 21, con la Messa di Mozart in do minore 427 del catalogo Kochel. Lo è stato in verità, dal primo attimo del Kyrie che ha dischiuso un’atmosfera sublime, in principio rarefatta. E come capita di rado ascoltare, il soprano Maria Keohane ha regalato un canto eccellente, colmando la sala con voce commovente e di profondo trasporto poetico. Abbiamo avuto la possibilità di ascoltare qualcosa di eccezionale che al merito della Keohane, va aggiunto quello dell’orchestra e del St. Jacobs Chamber Choir di Stoccolma diretto da Gary Graden, ospiti ormai tradizionali al Politeama Pratese. Un kyrie da brividi ha pervaso gli animi attoniti. Il Kyrie mozartiano è stato uno dei brani di eccellenza per la più bella serata della stagione. Gloria, appunto, alla brava soprano svedese che immaginavo e poi ho avuto conferma, come una splendida Susanna nelle Nozze di Figaro.
Sì perché Maria Keohane, ha grandi capacità teatrali, oltre ad essere una grande interprete del canto barocco, apprezzata in tutto il mondo. E il mondo, se non almeno Prato, si sarebbe dovuto fermare gli istanti necessari per ascoltare, L’Et incarnatus est del soprano, in questa preziosa e raffinata interpretazione con parti obbligate di un luminoso flauto, dell’oboe e del fagotto, che è stato l’apice di una grande prestazione dove, le altre componenti musicali, non possono immaginarsi subalterne. Il coro è stato più che ammirevole sotto la navigata direzione di Garden. Il concerto non ha avuto la consueta divisione in due parti e l’intero programma è stato svolto in un’unica sezione dove, prima del Sanctus e del Benedictis conclusivo, è stato inserito l’Offertorium de tempore k 222. Il Misericordias Domini è, come indica la numerazione, lontano dalla messa in do minore di almeno sette anni, ma ha una peculiarità importantissima che rimanderà al prossimo e conclusivo appuntamento della stagione: la sua somiglianza alla nona sinfonia di Beethoven. Il genio di Bonn, trovò in almeno dodici note dell’Offertorio, l’ispirazione per l’Inno alla gioia del testo di Schiller che introduce il coro del suo capolavoro sinfonico. Da questa intromissione, la messa cantata segue il Sanctus e il finale Benedictis. La genesi di quest’opera sacra riporta a tempi in cui Mozart stava per sposarsi con Costanze, matrimonio osteggiato dal padre Leopold Mozart.
La Messa resta una splendida incompiuta tra l’estate del 1782 e il seguente. Era l’anno in cui Caterina di Russia si annetteva la Crimea dei tartari. Era, appunto, l’anno del matrimonio, dove Wolfgang promise questa messa mai completata e complessa nella sua ricostruzione post mortem. Le parti certe pare siano il Kyrie, il Gloria, il Sanctus, l’Osanna e il Benedictis, anche se aveva compiuto gli schizzi per il Credo in un unum Deum e L’ Et incarnatum est. Di fatto per ragioni specifiche, Mozart eseguì a Salisburgo nella chiesa di San Pietro, fuori la giurisdizione dell’arcivescovo Colloredo, la sua prima esecuzione con Costanze come cantante, la domenica del 26 ottobre 1783; che ancora non prevedeva la prassi di dividere i brani per due soprani. Il mottetto Ave verum corpus k 618, invece è l’ultima delle opere sacre scritte da Mozart, prima del Requiem k 626, che chiuse la vita del compositore austriaco il 5 dicembre del 1791. Fu scritta per un direttore di coro di Baden, stazione termale vicina a Vienna, e la St. Jacob vi ha posto il sigillo di saluto, mai abbastanza applaudito dal pubblico pratese, non folto come in altre occasioni. Peccato, perché se indiscutibile è il prestigio e il repertorio del coro svedese, sono da rilevare anche i meriti della violinista Maria Lindal, per l’occasione spalla alle prime parti dell’orchestra e l’organista Mattias Wagner. Al celebrato soprano Maria Keohane, Anna Zander è stata un’ottima mezzosoprano nel Laudamus te, apprezzata nell’ambito della musica da camera, concertistica e sacra in tutta Europa. Di questa grande serata resta da menzionare anche il tenore Niklas Engquit e il Baritono Lars Johansson Brissmann, ma le parti maschili seppur bravi, avevano compiti da comprimari. Alla difficoltà della ricostruzione della partitura mozartiana nella Messa in do minore, fa riscontro la facilità nell’ascolto di una delle più suggestive pagine di musica sacra, che nella circostanza abbiamo potuto apprezzare.