Su Twitter c’è chi ha messo una di fianco all’altra la foto del primate che da qualche giorno è sulla bocca di tutti e quella del paffuto esponente del Carroccio da sempre incline, viste le sue goliardiche uscite, a star comodo sotto il tepore dei riflettori dell’opinione pubblica.
“Quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare alle sembianze di un orango”, sono queste le parole rivolte al ministro dell’Integrazione che hanno indignato gli italiani e i rappresentanti politici di tutti gli schieramenti.
L’affermazione di Roberto Calderoli durante la festa della Lega a Treviglio è solo la punta di un ‘iceberg che cela sotto il livello dell’acqua una mole di trovate a metà strada tra il circense e il cattivo gusto, dalla tigre che possedeva nel giardino della sua casa all’idea di indire un “maiale-day” contro la costruzione di nuove moschee sul territorio italiano.
Nel 2005 Calderoli si era fatto notare per aver invocato di mettere una taglia su Unabomber (per il quale propose anche la pena di morte, soluzione a suo dire adatta “per determinati delitti, quelli più efferati e crudeli, come quelli che hanno per bersaglio i bambini”) e sui responsabili dell’uccisione di un militante del suo partito.
Nello stesso anno, all’indomani degli attentati di Londra, il leghista aveva sostenuto il ritiro a gambe levate delle truppe italiane dall’Iraq, dichiarazione accettabile da italiano, ma altamente lesiva per l’immagine della nostra diplomazia da uomo di governo. Inoltre, il motivo del ritiro non era tanto la tutela delle vite nei nostri connazionali bensì la necessità di difendere “il più probabile e prossimo obiettivo dei terroristi”: l’Italia. Per fortuna nel prosieguo dell’anno non ci fu nessun attentato sul suolo italiano, gli attacchi terroristici continuarono invece nel territorio iracheno.
Ancora nel 2005 Calderoli, scherzando sul voto in aula sulla legge elettorale (“tutti sanno che il voto segreto in realtà tanto segreto non è”), alzò un polverone che fece discutere sia alla Camera che al Senato.
Un anno dopo, sulla scia delle polemiche sollevate dalla diffusione delle vignette satiriche su Maometto da parte di un quotidiano danese, l’attuale vicepresidente del Senato era salito alla ribalta per la maglietta anti-Islam che indossò durante una trasmissione tv. La trovata gli costò le dimissioni dalla carica di ministro delle Riforme.
Sempre nel 2006 definì la legge elettorale da lui stesso scritta (poi soprannominata “Porcellum”) come una “porcata fatta volutamente per mettere in difficoltà una destra e una sinistra che devono fare i conti col popolo che vota”. Un pò come la punizione di un professore che non fa fare l’intervallo ai suoi alunni birichini, peccato però che il Parlamento non sia una scuola e che certe decisioni abbiano risvolti anche nel presente.
Per Calderoli gli argomenti più caldi sono l’Islam e l’immigrazione. Oltre alla maglietta e al “maiale-day”, aspre critiche gli vennero rivolte anche quando affermò che “l’Islam non è una civiltà” e quando sostenne che la Marina non avrebbe dovuto prestare soccorso ma piuttosto sparare contro i gommoni carichi di clandestini diretti verso le coste italiane. Deliri da bar più che dichiarazioni da uomo politico; non fosse che Calderoli appunto è un politico e con cariche importanti. E che le sue esternazioni hanno conseguenze dirette. Come l’ultima.
Alessio Scalia