Della commedia di Wilde, in scena alla Pergola, la prima cosa che colpisce non può che essere (ahinoi) l'attualità del tema; si parla, infatti, della corruzione di un uomo politico. Sir Robert Chiltern, ora membro stimato e assurto a emblema di correttezza morale sia agli occhi della moglie devota (Lady Gertrude Chiltern), che a quelli della società tutta, ha in realtà iniziato la sua brillante carriera politica con un inganno: ha venduto a peso d'oro un importante segreto di Stato. La frode rimane sconosciuta fino a quando non si presenta a Sir Robert un'approfittatrice, Mrs Chevely, in possesso di prove inconfutabili della sua colpevolezza e venuta per ricattarlo (e anche qui la nostra memoria non può non fare un balzo in avanti … ). Tra fraintendimenti, gag esilaranti, intrecci e scandali sfiorati, Sir Robert riuscirà ad uscirne indenne, anzi addirittura con una posizione politica migliorata, soprattutto grazie ai consigli ricevuti dal suo migliore amico, Lord Goring (nel cui personaggio la critica ha visto un'autorappresentazione dello stesso Wilde).
Al di là della trama, sconcerta e colpisce, come già detto, l'attualità del tema che Wilde propone (non dimentichiamo che l'opera viene rappresentata per la prima volta nel lontano 1895) e che dà il via a tutta una serie di interrogativi: è possibile una politica senza compromessi? La questione morale è un fatto privato o pubblico? Esiste un limite oltre il quale l'individuo può e deve provare vergogna per se stesso e per le proprie azioni (guardando all'oggi la risposta sarebbe senz'altro negativa)?
Al tema pubblico Wilde intreccia anche quello privato: la moglie ama Sir Robert vedendo in lui non un uomo, bensì un ideale (il marito ideale, appunto). Ella vede cioè nel marito l'incarnazione dell'onestà, dell'incorruttibilità, della probità morale. Tutto ciò la porta a venerarlo come un essere perfetto, privo di ogni debolezza. Venuta a conoscenza dell'errore di cui si è macchiato da giovane, la sua reazione è di totale rigidezza e chiusura, al punto che i due rischiano anche la separarzione. È allora giusto, viene da chiedersi, pretendere da un uomo la perfezione morale? E se tale perfezione dovesse essere raggiunta, non lascerebbe spazio più che all'amore, ad una vera e propria venerazione degna piuttosto di un essere celestiale? Ed è di tale venerazione che un uomo ha bisogno, o piuttosto di un amore che lo comprenda e lo accetti anche nei suoi difetti ed errori?
La commedia è giudicata la migliore tra quelle scritte da Oscar Wilde, per la serietà del tema trattato e la leggerezza della sua scrittura. Il regista dello spettacolo, Roberto Valerio, ne ha saputo ricavare ottimamemente un adattamento veloce, manipolando con sapienza il testo originale con numerosi tagli, funzionali però all'agilità della rappresentazione. Il regista è riuscito inoltre, tramite un capillare lavoro linguistico, a mantenere la leggerezza originale dei dialoghi inglesi: buona parte del grande successo dello spettacolo in termini di divertimento è dovuta proprio a questo particolare uso del linguaggio.
Il pubblico in sala ride (tanto) e rflette allo stesso tempo, anche grazie alla straordinaria recitazione degli attori sul palco. Tra tutti catalizza maggiormente l'attenzione, le risate e gli applausi Pietro Bontempo, che interpreta il brillante Lord Goring, l'alter ego di Oscar Wilde, riflettendone il suo amore per i paradossi, gli aforismi fulminanti, il dialogo frizzante e il nonsense. Se in apparenza il suo personaggio sembra frivolo e superficiale, si rivelerà in realtà profondamente umano ed equilibrato: l'unico capace, con la sua caustica ironia, di svelare i meccanismi ipocriti e perbenisti che sottendono alla vita umana (del tempo, ma anche di oggi), e liberarsene.