La notizia del muro ungherese sulla frontiera con la Serbia, semplicemente mi rattrista. La storia non ha insegnato nulla agli ungheresi, ahimè. A forza di difendersi, di chiudere porte, di erigere muri, verremo travolti tutti. Lo so quali sono le esigenze della propaganda politica, conosco le regole del gioco, conosco pure le tecniche di seduzione di un popolo spaventato e in cerca di protezione, ma ci sono gesti, fatti, parole che nella storia una classe dirigente seria non dovrebbe replicare.
La forza della carovana demografica demolirà il nuovo muro o lo aggirerà. Rassicurare il proprio popolo significa fargli un discorso di verità, ed impostare anche -ovviamente- ogni strumento di protezione possibile rispetto ad ogni forma di violenza e sopraffazione. Senza mai tacere la verità difficile e responsabilizzante di un pezzo di mondo che ha deciso di spostarsi e col quale dobbiamo fare i conti: o lo accogliamo a condizione, o lo lasciamo transitare a condizione, o lo aiutiamo seriamente a vivere con dignità là dove, per puro caso, è nato: poteva capitare a noi, è capitato a lui di nascere là e a noi di nascere qua. E sapendo che quel pezzo di mondo peraltro in buona parte è già in casa nostra.