Prato – La parabola artistica di Franco Zeffirelli spaziò dalla regia cinematografica a quella teatrale, dall’opera lirica, vissuta sia come regista che come scenografo e costumista, alle trasposizioni per il grande schermo della drammaturgia shakespeariana.
L’artista mantenne sempre vivo il legame con la città che gli diede i natali, molto probabilmente perché ad essa le riconosceva storia e bellezza artistica che ebbero sicuramente un ruolo fondamentale tanto nella sua formazione, avvenuta all’Accademia di Belle Arti e alla Facoltà di Architettura, quanto nella sofisticata percezione estetica dimostrata nei lunghi anni della sua carriera come regista e autore di memorabili scenografie e costumi teatrali.
“Se dovessi descrivere Franco Zeffirelli – così lo scrittore ed amico Umberto Cecchi – non esiterei a definirlo una persona arguta, ironica, intelligentissima e molto esigente. Ricordo che lo conobbi la prima volta mentre faceva le prove del dramma di Verga “La Lupa” alla Pergola di Firenze; sul palco l’attrice Anna Magnani non riusciva a dire la battuta come lui avrebbe voluto e la interruppe tante di quelle volte che alla fine l’attrice romana sbottò in dialetto romanesco: “A Zeffirè se la dici meglio te, viè qua e dilla tu!”.
Quello fu il primo di una lunga serie di incontri che Umberto Cecchi ebbe con il Maestro e che con il tempo si infittirono grazie ai comuni amici fiorentini. Parliamo delle frequentazioni di Mario e Vittorio Cecchi Gori e di come, ricorda Umberto Cecchi, “Franco preferisse la compagnia di Valeria la moglie di Mario ignorando quasi totalmente Rita Rusic la consorte di Vittorio. Ma anche di incontri con Oriana Fallaci, la famosa scrittrice e firma prestigiosa del Corriere della Sera, che avvenivano a Firenze ma anche a New York, in una libreria del centro di proprietà di due anziane sorelle.
“Lì – ha spiegato Cecchi – c’erano tanti libri rari, preziosi e quasi introvabili ed ognuno di noi riusciva a trovare quello che cercava. Franco si interessava ai libri di teatro mentre io trovai lì per caso un raro testo del poeta americano Hart Crane, intitolato The Bridge.”
Ricorda poi Umberto le frequenti discussione anche accese tra Oriana e Franco, perché entrambi testardi e nessuno dei due si lasciava convincere dall’altro. Quando Oriana Fallaci morì, fu un duro colpo per Zeffirelli, perché si rese conto di aver perduto per sempre una cara amica e in quell’occasione si arrabbiò tantissimo con il Sindaco di Firenze Leonardo Domenici, per non averle dato in vita l’illustre riconoscimento fiorentino del “fiorino d’oro”. “E ritenendo questa cosa ingiusta – rammenta Umberto Cecchi – prima del funerale chiese alla giornalista Titti Foti di comprare il Fiorino che lui poi depose nella bara. Anche questo era Franco Zeffirelli.”
Dotato di una forte vis polemica il Maestro rimproverava alla politica fiorentina di non aver dato un ruolo adeguato alla lirica, al cinema e di non aver investito energie nel Comunale di Firenze. E ricorda Cecchi che -non partì mai, nonostante i buoni propositi dell’allora assessore regionale al Turismo Gattai, il progetto degli ambasciatori fiorentini nel mondo di cui facevo parte insieme al Maestro, Wanda Ferragamo ed Enrico Paoletti. Questo anche perché, pur essendo poi diventato senatore con Forza Italia grazie a Berlusconi, Zeffirelli da buon vecchio democristiano, non amava fare politica e tanto meno si sentiva un politico”.
Tra le sue passioni l’amore per la Fiorentina al punto che una volta affermò che avrebbe rinunciato volentieri ad un Oscar per lo scudetto ai Viola e la sua Firenze che descrisse nel film “Un tè con Mussolini”, dove i ricordi dell’infanzia vissuta dal regista s’intrecciavano alle vicende della storia italiana negli anni del fascismo. E Cecchi: “Zeffirelli rimproverava ai fiorentini di non conoscere le mezze misure e così un bel dì Firenze da città fascista si scoprì a un tratto comunista!”
“E poi l’arte anche quella eccentrica – sulla porta del bagno della sua casa romana -ricorda Cecchi – all’interno c’era un disegno di un uomo seminudo che poi mi disse, nonostante il mio scetticismo che quello era un quadro firmato da un importante pittore olandese.”
Foto Fondazione Franco Zeffirelli