Dopo giorni di attesa il Dpcm con le nuove disposizioni per affrontare questa ulteriore tranche dell’emergenza sanitaria è ufficiale. Per quel che riguarda il settore della ristorazione e dell’ospitalità, il dibattito si è alimentato nelle ultime settimane di indiscrezioni su restrizioni ritenute fin troppo penalizzanti, che nel frattempo, col peggiorare del quadro nella maggior parte dei Paesi d’Europa che ci circondano, abbiamo visto materializzarsi altrove (da Parigi, dove Macron potrebbe annunciare domani un coprifuoco ancor più stringente, a Berlino, dove la chiusura anticipata alle 23 per bar e ristoranti è già realtà). Ma Conte, al contrario di quanto comandato da Vincenzo De Luca in Campania, si era preoccupato di smentire l’eventualità di un blocco troppo limitante per il comparto, pur consapevole che l’evoluzione dei numeri è infida, e il parere del Comitato Tecnico scientifico da tenere in grande considerazione. Dunque, il testo annunciato nella tarda serata del 12 ottobre, dopo un lungo confronto con le Regioni, ora è realtà. E oltre all’annunciata stretta sulle feste, sugli sport di contatto amatoriali e sulle gite scolastiche, il provvedimento contiene anche un capitolo dedicato alle attività di ristorazione e somministrazione, sempre con l’obiettivo di scongiurare gli assembramenti.
Per questo, bar e ristoranti dovranno chiudere obbligatoriamente alle 24 (e così anche pub, gelaterie, pasticcerie…). Ma un ulteriore discrimine impone la chiusura alle 21 per gli esercizi che non operano servizio al tavolo (che si tratti di interno o esterno, senza differenze di sorta), pur garantendo loro la possibilità di continuare a operare consegne a domicilio e servizio d’asporto, “ma con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze dopo le 21”. Una misura, questa, che potrebbe creare difficoltà di gestione agli esercenti, come già successo in passato nelle grandi città, con regole non proprio chiarissime da comprendere e mettere in atto, e controllori poco inclini a operare in trasparenza (risultato? La percezione che lo scopo dei controlli fosse principalmente punitivo e orientato a comminare una multa a tutti i costi). Senza contare che con spirito anti-assembramento era ormai costume di molti ordinare qualcosa (uno street food, un drink) e poi andarlo a consumare all’esterno del locale contando sul fatto che all’aria aperta la trasmissibilità dell’infezione risulterebbe meno insidiosa: tutto questo oggi sarà vietato.
Restano invece aperte le attività di somministrazione di cibo e bevande di ospedali e aeroporti, e consentite le attività di mense e catering continuativo su base contrattuale, purché nel rispetto del distanziamento interpersonale di almeno un metro. Le misure saranno valide per 30 giorni a partire dal 14 ottobre, per poi valutare nuovamente la situazione, e con la possibilità per le regioni di introdurre norme più restrittive qualora la situazione epidemiologica lo richieda. A questo proposito, si attende per le prossime ore una pronuncia della Lombardia sulla paventata chiusura anticipata dei bar alle 18, a Milano e in tutta la regione (per ora solo indiscrezioni trapelate a mezzo stampa, che potrebbero generare allarmismo infondato).