Che cazzata uccidere l’orsa. In montagna l’intruso è l’uomo, che spara per ignoranza

La “mamma” uccisa in Trentino? Decisione indifendibile e inutile. Vecchi lanci un appello

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di Mauro Corona

Sapete una cosa? Non avete risolto un bel niente. Lo dico a voi, uomini che avete sparato all’orsa e lo dico a chi vi ha ordinato di farlo. Preparatevi pure a sparare ancora, armate i vostri fucili. Finché l’uomo attraverserà la strada di un’orsa con i cuccioli, finché quell’orsa avrà paura aggredirà per difenderli. Ogni madre, di qualsiasi specie sia, difende i propri piccoli. È l’uomo, non l’orsa, che non è al suo posto. Gli orsi se ne fregano di noi, non ci aggrediscono, ma se una femmina ha i cuccioli allora è meglio starle distante. Punto. L’orsa lì doveva essere e lì doveva continuare a stare.

Hanno ucciso Daniza e adesso anche KJ2. E ci hanno pure detto che Daniza è morta per eccesso di anestetico, che si era trattato di un errore. Certo, come no? Per KJ2 niente anestetico? No, per quest’ora soltanto piombo. Scusate, ma per quanto tempo continuerete a sparare? Prima ripopolate le montagne con gli orsi spendendo un sacco di quattrini pubblici e poi li condannate a morte. Bel paradosso. Assurdo non credete? Ma come si fa, dico io, a inventarsi cose di questo genere, a non comprendere di essere davvero fuori di testa a scegliere di uccidere.

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Gli animali selvatici non stanno alle nostre regole, questa è la loro colpa. È evidente che sono condannati per questo, ci intralciano, eppure li abbiamo catturati altrove e portati da noi perché le Alpi erano popolate anche dagli orsi e non c’erano più. Siete voi che ordinate e sparate a non stare alle regole dei selvatici perché non le conoscete. È un problema di ignoranza. Noi viviamo in un mondo di ignoranza mal distribuita. La montagna è sconosciuta. Sono almeno trent’anni, dico trent’anni, che chiedo ai governanti, allo Stato, non so più a chi, di farla studiare a scuola la montagna. Le guide alpine, gli uomini che la vivono e la conoscono, contadini, allevatori, boscaioli devono essere chiamati nelle aule scolastiche per raccontarla, tra bellezza e pericoli. Soltanto così la si può apprezzare.

Il guaio di tutto è che chi sceglie il territorio alpino per far vacanza non lo conosce. Le ordinanze non ci insegnano un bel nulla. Non proteggono. Vietare e uccidere. Si continuerà così se l’ignoranza non verrà colmata. Uno squalo addenta un bagnante? Ammazziamo gli squali. Facciamolo con le vipere, se mordono un turista annientiamole, oppure con i lupi. I lupi uccidono le pecore, cioè seguono la loro natura, e noi gli spariamo. Potremmo allargare il campo di questa bella soluzione. Un morto sulle strisce pedonali? Uccidiamo gli autisti. E per stoppare i femminicidi ammazziamo gli uomini. Ma che modo è di ragionare? Siamo dunque noi gli animali intelligenti? Ma lo sa la gente che l’ultimo uomo ucciso da un orso sulle Alpi risale a 110 anni fa? E sa che ogni anno quanti uomini si ammalano per la puntura delle zecche e quanti ne muoiono? Ancora, c’è qualcuno che sa quanto possa essere pericoloso un cervo, così ammirato e ritenuto innocuo? In realtà può essere molto aggressivo. Provate ad attraversare un’aia dove c’è una chioccia con i suoi pulcini e poi vedrete che cosa significa proteggere per un animale.

In questo momento sono a Misurina e non so neanche descrivere che cosa vedo intorno a me. Come si comporta la gente. Prendono la montagna come un parco cittadino, l’affrontano allo stesso modo. Nessuno ha detto loro, per esempio, che a giugno se vai per boschi ti può capitare d’incontrare un’orsa con i suoi piccoli. E che non si scherza con una mamma orsa, ha paura di noi, aggredisce per prevenire il peggio, oppure per rispondere a un’aggressione o a un’azione che lei ha ritenuto pericolosa per i cuccioli o per sé. E allora bisogna cambiare strada, via da lì, non pensare di osservarla, magari di avvicinarla. Invece che cosa si fa?

Niente. Non si dice nulla nelle città, poi si decide con un’ordinanza di condannare a morte un’orsa. Un orsicidio che è gesto insano e non ha giustificazioni. Ha la copertura della legalità. In realtà si uccide quando non si hanno idee, quando si è confusi, quando non si conoscono gli animali selvatici. Mancanza di sapere curata con il piombo dei fucili. Orsa condannata dopo una ricerca attraverso il Dna. Indagine genetica per individuare l’orsa cattiva? Roba da matti. Vogliamo capire o no che siamo noi gli intrusi, noi andiamo a casa sua, non viceversa. Altro che ordinanze. Bisogna informare, non abbattere. Andiamo a scuola di montagna che non ha i nostri codici, leggi o regolamenti. È questa l’ordinanza da scrivere.

(Testo raccolto da Enrico Martinet per “La Stampa”) 

corona

Caro Corriere,
finora sono stati i bracconieri ad ammazzare gli orsi. Adesso è un ente pubblico, senza consultare il ministero dell’Ambiente. In Abruzzo gli orsi depredano i pollai, è possibile incontrarli nei paesi, ma nessuno mai ha proposto, non dico la loro morte, ma la loro cattura. Un orso aggressivo e pericoloso può essere messo in uno zoo, ma non ucciso. La cultura ambientalista in Italia è ancora lontana dall’affermarsi.
Ezio Pelino pelinoezio@gmail.com

Risponde Barbara Stefanelli

Caro Pelino,
Se dovessimo giudicare la cultura ambientalista italiana dal numero di lettere e mail che ci sono arrivate sulla morte di KJ2, potremmo parlare di una rivoluzione in corso. Nel nostro Paese la sensibilità verso la natura è cambiata, si è radicata e diffusa, anche grazie — io credo — alle generazioni più giovani che hanno spesso una consapevolezza ecologica molto più forte di quella dei loro genitori e nonni. Fin qui, dunque, ragioniamo in positivo. Come si spiega allora la decisione di abbattere l’«orsa problematica», come era stata definita, presa dalla Provincia di Trento senza passare dal ministero dell’Ambiente e dagli esperti dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)? Non si spiega. Un orso che attacchi «senza essere provocato» può sì determinare un provvedimento di «rimozione». Ma con questo termine si intendono: o la cattura dell’animale, la sterilizzazione e l’inserimento in una struttura recintata, o in casi di estrema pericolosità l’abbattimento. Il punto è che per la prima volta a quest’ultima ipotesi si è arrivati dritti: attraverso la semplice ordinanza di un ente locale. In situazioni simili, il ministero aveva sempre indicato la strada della cattura. A questo punto ci auguriamo che sia anche l’ultima volta che la scelta di eliminare un orso prende tutti in contropiede, pure il governo. Nel frattempo non fa male ricordare come il programma di ripopolamento sia stato concordato — e finanziato — a livello europeo in nome della «conservazione dell’orso bruno nelle Alpi centrorientali». Se abbiamo (giustamente) ri-voluto gli orsi tra noi, dobbiamo forse reimparare a conviverci.

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