Tutto quello che volete sapere sull’ambiente e i suoi difensori

Firenze – L’informazione sull’ ambiente e sui danni provocati dal dissennato saccheggio dell’uomo è una questione più di qualità che di quantità del messaggio. Secondo Al Gore, mancato presidente Usa, protagonista della campagna per sensibilizzare il mondo sugli effetti distruttivi del cambiamento climatico, “la priorità oggi dovrebbe essere l’uso, e il riuso, delle conoscenze piuttosto che l’accatastamento disordinato di una quantità crescente di dati”.

Si tratta di un criterio importante da seguire in questo delicato settore del rapporto fra poteri pubblici e privati e il diritto dell’opinione pubblica a essere informata correttamente. Soprattutto perché è evidente che il futuro delle nostre società passa attraverso una sempre maggiore consapevolezza fra ragione e conoscenza da una parte e emotività che sfocia nel rifiuto irrazionale anche di dati certi dall’altra.

Tra gli strumenti che aiutano a capire questo incrocio decisivo per il destino dell’umanità c’è anche l’ultimo numero monografico di Testimonianze “Aria Acqua Terra fuoco”.

Coerente con la sua linea editoriale, la rivista fondata da Ernesto Balducci e diretta da Severino Saccardi affronta il tema con un approccio multidisciplinare – scientifico, politico, storico, artistico, religioso ed educativo – che è il solo in grado di rispettare il criterio di Al Gore.

I problemi ambientali, infatti, non si prestano a semplificazioni anche perché la comunità degli scienziati non è unanime, anche se lo è nella stragrande maggioranza, nell’interpretare i dati sui fenomeni più importanti. Le analisi, le ricerche, le interpretazioni e gli stessi dati che vengono proposti all’attenzione dell’opinione pubblica sono spesso viziati da interessi economici e finanziari, politici e nazionali di prima grandezza. Non a caso molta della fiction di oggi racconta di delitti e guerre di potere variando gli intrecci sull’uso dissennato delle risorse naturali e specularmente sulla paura che fenomeni incontrollabili suscitano nella gente.

testimonianze ambiente

Di tutto questo parla il quaderno della rivista fiorentina partendo da una serie di interventi (sono in totale 42 per le 288 pagine del volume) sullo stato dell’arte nel dibattito sull’ambiente: dai contratti naturali che garantiscono diritti alle comunità naturali non umane (Gaspare Polizzi), all’Ecoantropologia settore multidisciplinare di Vittorio Lanternari che rivede in chiave critica il rapporto uomo-natura alla luce dei rapporti di forza “bio-pirateschi” rafforzati e moltiplicati da una globalizzazione che ha approfondito disuguaglianza e favorito la depredazione da parte delle nazioni più forti. Fino alla “lettura antropologica” dell’enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco ben sintetizzata da Piero Sirianni.

Due sezioni di interventi vanno nel profondo dell’immaginario e del rapporto emotivo dell’uomo occidentale nei confronti dei quattro elementi di cui è composta la natura. Le altre discutono sul rapporto fra scienza e politica, mettono in luce l’importanza di un’educazione ambientale nelle scuole (“Perché è importante la didattica ambientale” di Vincenzo Striano), analizzano il tema della sicurezza, come tutelare i territori dalla “ribellione” della natura, con l’esposizione di casi ed esperienze virtuose.

Dal punto di vista dell’informazione, la questione centrale è il procedere su piani dialettici sfalsati temporalmente e condizionati dalla natura dei media che competono fra di loro a colpi di notizie ad effetto o enfatizzando la polemica e la divisione fra esperti, operatori e politici.

Lo spiega bene l’intervento del gruppo di ricercatori del Consorzio Lamma guidato da Bernardo Gozzini il cui tema è il riscaldamento globale: “Urlando a gran voce sul devastante futuro torrido che ci aspetta durante ogni ondata di calore (il 2017 è stato l’anno più secco da 200 anni), o mettendo in dubbio il riscaldamento ad ogni episodio invernale più freddo del normale, giornali e televisioni hanno contribuito a polarizzare in modo ideologico il duello fra gli scienziati”. Da un lato i “negazionisti/scettici” e dall’altro i cosiddetti “allarmisti/catastrofisti”. Gli studi sulla percezione pubblica –concludono – hanno messo in evidenza “quanto il dibattito scientifico sui media sia molto spesso politicizzato”.

Vincono gli uni o gli altri a seconda dell’andamento climatico e del corrispondente sentimento della gente. L’esempio più evidente è offerto dalle rilevazioni Gallup che mostrano che gli americani che considerano l’ambiente in buono o ottimo stato è salito al 50 per cento, “l’opinione più ottimista sull’ ambiente da quando Gallup a iniziato a misurare la situazione, nel 2001”, come hanno commentato i ricercatori.

Tutto ciò, ovviamente, ha dato il via libera al presidente Donald Trump che si è ritirato dall’Accordo di Parigi sul clima del 2015 aderendo dunque alla categoria dei negazionisti perfettamente coincidente con le lobby finanziarie come quella del carbone e i loro investimenti palesi od occulti, come spiega Simone Siliani (L’Accordo di Parigi e i suoi nemici).

Il giornalismo ambientale è naturalmente condizionato dall’emergenza, momento nel quale si raggiunge il picco di densità informativa, più che dalla diffusioni di dati e analisi che spiegano tendenze andamenti . Del resto sul campo è lo stesso problema di cui soffre la gestione dei rischi naturali in Italia ai quali – come scrive Mauro Grassi (La gestione del rischio come nuova cultura della prevenzione) – per molto tempo ha “risposto solo in maniera episodica, legata per lo più a eventi disastrosi a forte impatto dell’opinione pubblica ed emergenziale”.

Tuttavia è indubitabile una grande crescita della qualità e della competenza della stampa italiana sulle questioni ambientali contribuendo alla diffusione di una maggiore sensibilità ambientalista. Dall’incidente chimico dell’Icmesa di Seveso (1976) al disastro nucleare di Chernobyl (1986), al naufragio della Exxon Valdez (1989), i giornali si occupano delle variazioni climatiche, dei limiti dello sviluppo umano, della scarsità di risorse energetiche.

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