Il grande successo di pubblico del NDT2 è sicuramente meritato sia per la grande qualità tecnica ed espressiva dei ballerini sia per le coreografie che magistralmente sposano la qualità classica dei movimenti ad un’espressività forte che rende ogni performance un’esperienza intensa.
L’unica pecca, da un punto di vista più registico, forse, che non puramente coreografico, è proprio questa intensità fin troppo cercata, studiata e ostentata. Dalle musiche alla interpretazione, dal primo all’ultimo minuto di scena si chiede, allo spettatore, la massima partecipazione emotiva, la massima condivisione di pathos, tensione, sofferenza.
La breve durata dei brani di danza certo supporta e giustifica tale immediata accelerazione, che immediatamente, fin dall’apertura, suggerisce un stato di struggente bellezza ma, personalmente, preferisco un crescendo, un minuto di bellezza perfetta conquistato dall’attesa, pagato con la moneta della mia attenzione.
Le coreografie portate in scena mercoledì 22 febbraio al Teatro valli di Reggio Emilia sono quattro.
Some Other Time, prima italiana, rappresenta in pieno questo senso di climax costante, quasi estenuante nella sua intensità senza tregua. Una drammaticità fatta di gesti e di mistero, di fuggevoli e ineffabili relazioni tra corpi e tra spazi, in dialogo costante con le austere scenografie.
Solo è un grande classico, ormai, della compagnia. Una performance virtuosistica in cui, in pochi istanti, la musica di Bach accompagna passi, salti, giravolte. Un balletto uno e trino -tre i solisti necessari per la sua interpretazione – singolo e multiplo in cui ironia e divertimento prendono il sopravvento sulla complessissima catena di passi e la gioia della musica e della vita sono i principali protagonisti.
Feelings, prima italiana, è senz’altro stato il mio pezzo preferito. Le scelte più espressionistiche della rappresentazione, il corpo ostentato nelle sue più estreme articolazioni, quasi alieno, fantascientifico, robotico, insieme ad una regia delle luci perfetta e impressionante hanno reso questa performance particolarmente suggestiva. E, a mio parere, meglio equilibrate anche le dinamiche interne alla coreografie, il climax crescente di aspettativa e ansia. La macchina umana messa a nudo nella sua orribile bellezza, con le sue ossature e muscolature e con la sua coazione a ripetere. Una performance ipnotica, magica, paurosa.
Out of Breath, anch’essa prima italiana, è la più concettuale delle coreografie proposte, in cui simbolo e vicenda autobiografica non più esplicitamente identificabili.
https://www.youtube.com/watch?v=p0XX_FUUHUM
Uno spettacolo apprezzatissimo al pubblico, estremamente vario in sala. Molti giovanissimi, molti ballerini (ca va sans dire) ma non solo.