E’ una questione che riguarda tutte le coalizioni, dal centrodestra al Movimento 5 Stelle, va detto, e in parte è dovuta alla nuova legge elettorale. Sennonché l’attenzione della stampa, nelle ultime ore, s’è concentrata sui lavori in corso (composizione liste) in casa Pd, vuoi perché è il partito che ha espresso gli ultimi governi, vuoi perché è quello più radicato e organizzato, specie qui in Emilia – anche grazie alla collaudata tradizione Pci-Pds-Ds.
Andiamo a Roma: in direzione, l’altra notte, s’è persa la direzione? C’è chi racconta (anche de relato o per ripicca) che sia andato in scena una sorta di psicodramma elettorale – suggellato dalle ghiandole lacrimali della Serracchiani – con effetti collaterali potenzialmente fratricidi. E vabbè, dai, è fuoco amico! Fatto sta che tra gregarismi e tafazzismi, volti nuovi e notabili, nomi non riconfermati e cognomi paracadutati, ai fedelissimi di Renzi vanno 160 posti su 200. Qua e là volano stracci e pannetti caldi anche in Emilia e Cuperlo, pur mantenendo l’erre moscia, rinuncia platealmente alla sua candidatura a Sassuolo.
I commentatori parlano del neonato partito di Matteo, un uomo solo al comando: sicuramente coraggioso e coerente con l’afflato rottamatorio che lo ha legittimamente portato alla guida del partito. “Questa è una delle esperienze più devastanti dal punto di vista personale che abbia vissuto”, ha ammesso il segretario, che più tardi ha però aggiunto: «Avrei voluto rinnovare ancora di più, ma va bene così, è stato un ottimo lavoro».
E a Reggio Emilia? Critiche da Raffaele Leoni (“Gianni ha rinunciato alla candidatura a Sassuolo della quale non sapeva nulla; un gesto nobile che aggiunge un elemento disastroso alla orrenda gestione della formazione delle liste del Pd”) che oltre a non digerire la candidatura del giornalista condirettore di “Repubblica” Cerno (“Se la nuova classe dirigente del PD è questa, avanti così, facciamoci del male”) su Facebook se la prende pure con una militante scettica: “M. sei davvero insopportabile, faziosa e piena di livore. Cerca di lasciarmi in pace”. Il consigliere comunale Dario De Lucia, invece, stigmatizza la decisione di vertice di dare seggi sicuri alla Lorenzin (già NCD) a Modena e a Casini (già UDC) a Bologna.
Il turborenziano Massimo Gazza, intanto, risponde a un post di Mauro Vicini che linka un resoconto tranchant dell’Huffington Post: “In Liberi e Uguali tutto bene? Tutte soddisfatte le ambizioni e le carriere? (…) La Boldrini è in mille collegi… se insistono sulle nostre liste, investo tempo a documentarmi, a partire da Civati” (come dire: guardate in casa vostra che non siete emessi meglio). Abbottonatissimi, invece, in un surreale clima da silenzio stampa, i “governativi” reggiani e/o addentellati vari, solitamente digitalmente presenti e loquaci nel tenere alto il morale delle truppe e talvolta persino tonitruanti nel rilanciare la linea e i temi decisi.
Gli orlandiani non hanno partecipato al voto sulle liste, arrivato quando erano quasi le quattro del mattino: “Non c’è stata nessuna trattativa, perché i nomi li sentiamo solo ora, non li abbiamo neanche letti”, ha lamentato il Guardasigilli. Anche la quota di Delrio, volto del renzismo mite e dialogante, è ridimensionata: il sottosegretario Rughetti non è in lista. Confermate invece in Campania le candidature del nipote di De Mita e del figlio di De Luca.
“La minoranza lo ha soprannominato «Epurator», Matteo Renzi, però, la pensa in tutt’altro modo: «Avrei voluto rinnovare ancora di più, ma va bene così, è stato un ottimo lavoro». Che ha portato a un ridimensionamento non solo dell’opposizione interna, ma anche, seppure in maniera ben meno incisiva, delle componenti della maggioranza, come è avvenuto per le correnti di Franceschini e Martina.
E pure Gentiloni ha dovuto sacrificare Ermete Realacci, amico di una vita. La minoranza lamenta anche una «mattanza» degli ex Ds. Renzi comunque con i collaboratori respinge così le critiche che gli vengono rivolte: «Non voglio persone fedeli, ma leali». Fatto sta che nel gruppo parlamentare della prossima legislatura il segretario ha una maggioranza schiacciante. Su 200 seggi considerati sicuri ne ha 160. E i fedelissimi della prima ora sono tutti in posizione più che blindata.
Su alcuni nomi è stato proprio il segretario a porre il veto. È accaduto, per esempio, per Antonio Di Pietro, che il Pd molisano voleva in Parlamento: «Finché sarò segretario io non se ne parla». Nella nottata della direzione Gentiloni aveva cercato di convincere Renzi a essere un po’ più inclusivo: «Tieni Damiano e Manconi, uno ti aiuterà con la sinistra, l’altro con i radicali per le battaglie sui diritti civili». Il primo si è salvato, il secondo no. Il segretario è convinto che sarà l’ex condirettore di Repubblica Tommaso Cerno a occuparsi del campo dei diritti civili. Scompare la piccola pattuglia degli amici di Napolitano: Amendola, Manciulli, Morando, Quartapelle. Non è ricandidato il ministro De Vincenti, ma Renzi vorrebbe recuperarlo. Lui comunque è in corsa per l’Authority dell’Energia. Sacrifici pure per Delrio: il sottosegretario Rughetti non è in lista. Non ci sarà neanche Giusi Nicolini, l’ex sindaca di Lampedusa. Niente candidatura, sempre in Sicilia, per l’ex governatore Crocetta, che urla all’epurazione. Candidato, ma in posizione precaria, l’ex operaio della Tyssen, Boccuzzi. Ed è in un collegio a rischio Beppe Fioroni. Lo stesso dicasi per Dario Ginefra, neo papà di una bambina avuta dalla moglie, la deputata di Forza Italia Laura Ravetto. Ripescata all’ultimo una piangente Debora Serracchiani.
Qualche parlamentare invece è stato inserito d’arbitrio. Per esempio Roberto Giachetti in un buon collegio in Toscana, a Sesto Fiorentino. Lui preferiva correre nel suo quartiere a Monteverde, molto più a rischio. Ma quel posto era stato promesso a Riccardo Magi ed Emma Bonino l’altro ieri ha minacciato di rompere l’alleanza se fosse andato Giachetti.
Il governo sarà in campo. Boschi ha avuto proprio ieri il «via libera» della Svp in Alto Adige. E poi molte nuove entrate in Parlamento: Lisa Noja, Lucia Annibali, la giornalista Francesca Barra (però in un collegio difficilissimo), Giuliano Da Empoli, Tommaso Nannicini, Paolo Siani, l’ex segretaria dei pensionati della Cgil Carla Cantone, il portavoce del premier Filippo Sensi. A Napoli verrà candidato il «maestro di strada» Marco Rossi Doria e a Trieste, senza paracadute, si cimenterà Riccardo Illy. Toccherà invece a Teresa Bellanova impegnarsi nella sfida con D’Alema nel collegio del Salento. Un duello particolare anche per Renzi contro cui, a Firenze, Giorgia Meloni ha schierato la leader dei risparmiatori truffati, Letizia Giorgianni.
Gli alleati del Pd sono stati sparsi un po’ in tutta Italia. Benedetto Della Vedova correrà a Prato, Riccardo Nencini ad Arezzo, Beatrice Lorenzin a Modena. A Roma invece Emma Bonino, nella sua Milano Bruno Tabacci, mentre è stato confermato a Bologna Pier Ferdinando Casini”.
(Maria Teresa Meli, Corriere della Sera)