Firenze – Mentre in Toscana, precisamente a Carrara, nasce la prima lista Trump, la Coldiretti, una fra le associazioni di agricoltori più rappresentative sul territorio nazionale, lancia invece l’ “allarme Trump”.
In realtà, ciò che fa paura all’economia italiana e in particolare all’agroalimentare è il nuovo indirizzo “più protezionista” promesso dal neo presidente degli Stati Uniti che, secondo Coldiretti, metterebbe a rischio ben il 9,6% delle vendite all’estero del Made in Italy “Doc” che sono dirette in Usa, il principale cliente dell’Italia fuori dalla Unione europea. La Coldiretti fa riferimento a quanto emerso dal Rapporto Qualivita 2016, in cui emerge che le Indicazioni Geografiche (Doc/Igp) rappresentano un fattore chiave della crescita del made in Italy nel mondo, con un valore all`export di 7,8 miliardi di euro, pari al 21% delle esportazioni del settore agroalimentare e un trend positivo che sfiora la doppia cifra con un +9,6%.
Gli States sono un mercato determinante per l’agroalimentare Made in Italy con una previsione di 3,8 miliardi di esportazioni nel 2016, con il vino che risulta il prodotto più gettonato con 1,3 miliardi, davanti a olio, formaggi e pasta, secondo le proiezioni della Coldiretti. “Risultati ottenuti grazie ai primati qualitativi e di sicurezza alimentare con l’Italia – sottolinea l’associazione – che è l’unico Paese al mondo con 4.965 prodotti alimentari tradizionali censiti, 291 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 523 vini Doc/Igt ma è anche quello più green con quasi 60mila aziende agricole biologiche in Europa ed ha fatto la scelta di vietare le coltivazioni Ogm e la carne agli ormoni a tutela della biodiversità e della sicurezza alimentare. Primati che vanno ora difesi – rileva la Coldiretti – rispetto ai rischi legati a una possibile stretta sulle importazioni ma anche rispetto alla eventuale revisione degli accordi commerciali. In questo contesto – continua la Coldiretti – con il rischio di chiusura delle frontiere si pone un evidente problema di proliferazione sul mercato statunitense del fenomeno dell’Italian sounding che vale già 20 miliardi di euro”.