Tricolore: vuoto rito. Ma dirlo è sempre più trito

Toh guarda; con diversi anni di ritardo tutti i media scoprono all’unisono e in coro che la festa della bandiera italiana è un rito vuoto buono a bearsi per i quattro politici di turno. C’è chi lo scriveva in tempi non sospetti, prima ancora che l’appellativo Casta venisse coniato per battezzare un po’ sommariamente tutti coloro che avessero uno straccio di responsabilità amministrativa. E ci si lamenta per il fatto che in piazza, all’alzabandiera, ci siano stati quasi più fischi che applausi. E di certo più transenne che tricolori.napolitano_garibaldi

In realtà è lo stesso copione da alcuni anniversari a questa parte; non che gli anni passati ci fossero folle oceaniche ad andare in brodo di giuggiole al passare del vessillo e alla diffusione delle note dell’inno di Mameli. Quest’anno in più c’erano alcuni sparuti e poco numerosi gruppetti di contestatori più o meno organizzati e qualche striscione in più che invitava i rappresentanti delle istituzioni ad andare a casa. C’è un motivo storico ed uno contingente alla base dell’ultimo fallimento di questo rituale fatto calare tempo sulla nazione da alcuni pensionati nostalgici con velleità risorgimentali. Il primo è che l’unità d’Italia venne imposta (anche nel sangue) sostanzialmente su una storia fatta di identità e culture molto diverse, eredità dell’epoca dei comuni. Il motivo attuale è invece che la distanza siderale tra amministrati e amministratori è resa incolmabile da una crisi senza fine e dalla consapevolezza diffusa che così com’è oggi organizzato lo Stato italiano non sia più al servizio del cittadino. Ma serva soltanto a mantenere una pletora imbarazzante (che non conosce spending review) di mantenuti e boiardi.

Villa-la-Pietra-oct-11-001Dalle colonne di questa testate ribadiamo una volta di più l’unica ricetta praticabile affinché i politici possano recuperare credibilità agli occhi della gente: l’esempio sulla propria pelle. Avremmo cioè voluto che i ministri Delrio e Franceschini (silente e defilato) annunciassero la decurtazione drastica dei propri stipendi, l’assoluta necessità di rivoluzionare la burocrazia e detassare imprese e lavoro, il desiderio impellente e irrefrenabile di abolire/trasformare il Senato e via di questo passo. E’ accaduto qualcosa in questo senso? Basta leggere le cronache dei giornali per restare immediatamente delusi.

In realtà c’è stato anche qualcosa di buono nella festa Tricolore: i discorsi dal palco dell’Ariosto dei rappresentanti degli enti locali. Del reggente comunale Ferrari come del vicepresidente provinciale Saccardi. Improntati sulle richieste senza fronzoli di un cambio di passo. Sulla disperazione di chi sempre maggiormente non ha un lavoro e non si sente rappresentato e tutelato da nessuno. Ecco, magari l’anno prossimo, all’immancabile festa numero 218, invece di far scendere da Roma qualche papaverone, si faccia un convegno pubblico da parte delle istituzioni locali sullo stato di salute della provincia. Elaborando soluzioni di miglioramento e individuando risorse ulteriori per uscire dalla crisi.

 

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