Firenze – Non sono molte le risorse a disposizione delle attività e i servizi per i non autosufficienti, ma la Toscana sta meglio di altre regioni. Di questo e di nuovi modelli assistenziali e solidaristici per anziani e disabili si è parlato stamattina, in occasione della Giornata di riflessione proposta da ARSA (Associazione Residenze Sanitarie Assistenziali) alla presenza di Sara Funaro, assessore al Welfare del Comune di Firenze e di Stefania Saccardi. La Regione ha già avviato da tempo sperimentazioni su modelli di bassa intensità assistenziale per anziani e, annuncia la vicepresidente, “i tempi sono maturi per provare nuove cose e ottimizzare la scarsità di risorse per definire meglio bisogni e risposte”.
La partita va giocata soprattutto sull’appropriatezza degli interventi – da ridefinire tanto nel pubblico quanto nel privato – e sui tempi. “Abbiamo tanti anziani non autosufficienti a cui non diamo risposte adeguate, se non in particolari condizioni di gravità”. La sperimentazione, che prevede la presa in carico dei casi di parziale autosufficienza, punta quindi a ritardare al massimo l’inabilità e a farlo in maniera morbida, privilegiando l’assistenza domiciliare. Maggiore attenzione alle fragilità, quindi, ma anche alle solitudini. È un punto di snodo peculiare, da collegare direttamente alla gestione dei fondi.
“Il numero degli anziani non autosufficienti cresce, e le risorse scarseggiano, perché tarate su un modello che ormai non esiste più”; un modello che vedeva la rete familiare prendere in carico l’anziano fino alla fine e che il mutamento della fisionomia sociale ha eclissato sempre di più. L’assistenza socio-sanitaria c’era e c’è, insomma, ma vi si ricorreva molto meno. Oggi, secondo le stime di ARSA, sono 230mila i nuclei monofamiliari formati da un solo anziano, 80mila gli ultraottantacinquenni che vivono in solitudine e quasi 30mila i disabili gravi: numeri che spediscono la Toscana ai vertici delle regioni con i fenomeni di invecchiamento della popolazione più marcati. È pur vero, però – ricorda Paolo Migliorini, presidente dell’associazione – che “la Toscana vanta capacità sanitarie, sociali e culturali di livello”. Il problema sta quindi nell’unicità del modello offerto. “I bisogni sono tantissimi e superiori alle risposte offerte. Si deve andare verso un sistema differenziato, più elastico”.
La regione, dove la spesa per questi servizi si avvicina ai 90 milioni di euro annui, non sta peggio, del resto – in termini relativi – rispetto ad altre realtà del paese per cui, complessivamente, sono 300 i milioni del fondo delle politiche sociali stanziati dal governo. “Le risposte minime, almeno, vengono sempre garantite”. Ma non è, appunto, soltanto un problema di pecunia e in questo il punto di vista della Regione è in linea con quello di ARSA. “È vero che le risorse necessarie a un buon funzionamento sono maggiori – dice la vicepresidente – ma è anche vero che quelle esistenti potrebbero essere investite meglio, a partire da quelle della sanità sul territorio”.
“A cosa servono – fa l’esempio Migliorini – 1700 posti letto a gestione dell’azienda sanitaria? Qual è l’elemento di differenziazione che richiede a un sistema pubblico di gestire direttamente e in prima persona un servizio non essenziale?”. Ragionare in modo integrato e riformare il sistema: questa la strada indicata come unica possibile dalla Regione. Come? “Prima di tutto creando un fondo unico, vero, certo. Poi partendo con una programmazione serrata”. L’assessore regionale alza il velo sui pastrocchi del settore sanitario che, dice, “deve attenersi alla legislazione basata sull’accreditamento, fondata sulla libera scelta del cittadino, altrimenti si parla di appalto. In questo caso la Regione Toscana si smarca. Stiamo uscendo dalle società partecipate, non vedo perché non si possa uscire dalle RSA pubbliche”. Un’abdicazione del pubblico al privato? “No, il pubblico ha e mantiene la funzione fondamentale di programmazione e controllo. I requisiti delle strutture, del personale e della gestione sono vagliati fino in fondo, ma non sta scritto da nessuna parte che non si possa attingere al privato, quando fa meglio e magari costa anche molto meno”.