Firenze – Il lento ma continuo aumento della curva covid in Toscana sta mettendo in forse, giunti alla quinta settimana, il permanere della nostra Regione in zona gialla. Si sfiora l’arancione insomma, a causa soprattutto di quell’Rt che supera l’1, asticella di sbarramento che porta le aree del nostro Paese nella zona di semi-lockdown. L’ipotesi ormai fondata provoca la reazione dura della categoria dei ristoratori, che a fronte del lento innalzamento della curva oppongono “fornitori da pagare, dispense e frigoriferi pieni, personale che solo da pochi giorni è rientrato a lavoro e che ora rischia di tornare di nuovo a casa. Dopo cinque settimane di zona gialla, la Toscana rischia un cambio di colore con danni da milioni di euro e la chiusura definitiva di migliaia di attività”. Ma soprattutto, una richiesta: “Vogliamo i dati scientifici su cui si basa la scelta di tenere chiusi ristoranti e locali”.
A lanciare l’appello è Pasquale Naccari, ristoratore fiorentino portavoce di Tni- Tutela Nazionale Imprese e presidente di Ristoratori Toscana, che mette così le mani avanti sul probabile inasprimento delle restrizioni e la chiusura al pubblico di bar e ristoranti.
“Il modello Toscana diventi il modello Italia. Il nuovo Governo deve superare ed eliminare il sistema a semaforo. Da cinque settimane siamo in zona gialla e il numero di contagi è rimasto comunque sotto controllo. Tutte le indagini dimostrano che i ristoranti sono luoghi sicuri: non ci sono prove scientifiche che non lo siano”, dice Naccari.
“Non sono accettabili ulteriori restrizioni dopo un anno dallo scoppio della pandemia – aggiunge – è assurdo che in tutto questo tempo non siano ancora state trovate le misure che possano permettere ai locali di rimanere aperti. La chiusura delle nostre attività non è la soluzione ma solo una scorciatoia. Un’indagine pubblicata da un pool di scienziati in Lombardia evidenzia lo scarso impatto dei pubblici esercizi nella creazione di focolai: 3/4 avvengono in casa, il resto a lavoro o in altri luoghi. Solo lo 0,8% nei locali – prosegue Naccari – quindi non ha senso tenerci chiusi”.
Inoltre, dice Naccari, i protocolli cui sono sottoposti i fornitori italiani sono fra i più rigidi d’Europa. “Il sistema a fasce di colore non fa altro che penalizzare poche categorie tra cui la nostra: quella della ristorazione e della somministrazione, uno dei settori che sta soffrendo maggiormente. A questo punto è evidente che chi si ostina ad andare in questa direzione vuole distruggere la nostra categoria. Le istituzioni se vogliono salvare migliaia di posti di lavoro devono aiutarci e soprattutto smettere con queste politiche allarmistiche. Ripeto: i nostri locali sono sicuri e possono rimanere aperti sia il giorno che la sera”.
Il presidente dei Ristoratori rilancia: “Come abbiamo già fatto nelle precedenti lettere inviate ai ministeri di competenza e alla presidenza del Consiglio, chiediamo di aprire i ristoranti anche a cena, rispettando le stesse norme di capienza e di sicurezza. Nessuna polemica, sia chiaro. La nostra è una richiesta di aiuto, abbiamo dimostrato di essere una categoria che rispetta le regole”.
Anche Confartigianato si mette di traverso, nel caso di uneventuale nuova chiusura: “Il ritorno in zona arancione sarebbe drammatico. Siamo fortemente preoccupati, soprattutto ora che si intravedono piccolissimi stimoli di ripresa. La questione non è più solo economica, ma anche psicologica: alzare il bandone e chiudere con questa frequenza, con un valzer estenuante di colori, sta diventato stressante e disarmante. Si rischia di perdere davvero la speranza nel futuro”, commenta Alessandro Sorani, presidente di Confartigianato Imprese Firenze, sul probabile inasprimento delle misure anti-contagio e la conseguente chiusura al pubblico di ristoranti e bar.
“I dati di contagio molto spesso non riguardano il mondo dell’impresa che si conferma essere un luogo sicuro – continua Sorani – I ristoratori e gli imprenditori hanno investito soldi ed energie per mettere in sicurezza i loro locali, sarebbe folle continuare a non premiare questi sforzi. Ci auguriamo che se davvero la zona arancione diventasse certa, ci siano almeno ristori certi e concreti. Le attività di ristorazione animano le città, le rendono vive, e in una situazione drammatica come quella attuale hanno tutti gli strumenti per continuare a farlo in sicurezza”.
Foto: una manifestazione dei ristoratori e esercenti della somministrazione toscani