Firenze – Sette anni di crisi non sono passati senza lasciare un solco sanguinoso nel tessuto economico toscano: 40 miliardi di euro di investimenti sono stati perduti, solo nel campo dell’acquisto beni durevoli il calo è del 23% nel 2013 e di un altro 16% nei primi sei mesi del 2014. Davanti a questa debacle, la tavola rotonda che si è tenuta stamattina promossa a Firenze da Legacoop Toscana ha tentato di studiare il problema e anche di azzardare qualche ricetta.
“Economia Toscana, crisi e mutamenti. La via per la crescita e il ruolo della cooperazione” era il tema del confronto, cui ha partecipato fra gli altri Elena Gennari, Divisione Analisi e Ricerca Economica Territoriale Banca d’Italia.
A mettere il dito nella piaga ci ha pensato Roberto Negrini, vicepresidente di Legacoop Toscana, che ha ricordato un dato eloquente: “Il potenziale produttivo regionale non aumenta da più di 10 anni. Per frenarne la discesa si richiedono investimenti in capitale, privato e pubblico, e per aumentare la produttività occorre immettere più alta specializzazione nei processi economici. Dobbiamo puntare alla crescita di imprese di medie dimensioni che abbiano una propria identità e siano capaci di avvalersi e di valorizzare competenze manageriali di alto profilo e siano dotati di mezzi e risorse per inserirsi e competere nel mercato globale”.
Insomma, ecco la ricetta: ciò che serve sono da un lato i denari, dall’altro aumentare la specializzazione nei processi economici. Non solo: è necessario che cambi anche la filosofia delle imprese di medie dimensioni, specialmente per quanto riguarda la valorizzazione delle competenze. E oltre a ciò, il movimento cooperativo punta a fare la propria parte, come spiegato stamattina, esprimendo da un lato la volontà di sostenere il potere di acquisto delle famiglie, dall’altro quella di non abbassare la qualità dei servizi di welfare, ma soprattutto di concentrarsi in una serie di azioni concrete. Come, ad esempio, diffondere la pratica che volga alla realizzazione di concentrazioni (una terapia che si propone di sconfiggere il nanismo delle imprese) e la creazione di filiere.
“Abbiamo una serie di progetti e di settori nei quali pensiamo di concentrare la nostra attenzione – prosegue Negrini – si va dall’ambiente alla logistica integrata, dall’agricoltura alle energie rinnovabili, dal consumo alla manifattura artigiana. Sollecitiamo le concentrazioni e la creazione di filiere: dal 2010 abbiamo avuto 25 fusioni che hanno coinvolto più di 70 cooperative e circa 3.000 lavoratori”.
Infine, last but not least, il problema del credito, che Negrini affronta con un taglio “creativo”, nel senso di definizione di nuovi strumenti adatti allo scenario attuale: “Occorre creare sinergie con gli istituti di credito per definire strumenti finalizzati all’irrobustimento dimensionale delle imprese”.
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