Toscana interiore, viaggio fra i paesi dell’anima

Grosseto – Montelaterone, il monte di Latona, sdraiato su una costola rocciosa a 670 mt. s.l.m., non si sa bene se a guardare la maestà del monte Amiata o a prendere il sole della prima mattina, è un luogo montano della bassa Toscana come tanti oggi spopolato. Millesettecento abitanti un secolo fa e ora neanche duecento. Visitarlo è un po’ come fare un salto nel tempo, rincorrere con la memoria storie di genti scomparse, stagioni di vita trascorsa, e di morte, che incede tra le case e le svuota come un tarlo inesorabile. Si incontrano, penetrando per le ripide e anguste straduzze, sguardi di pietra, sorrisi di crepe, storie di mestieri scomparsi, odori rimasti di bestie da soma, la prosopopea di stemmi decaduti, panorami che da soli valgono un abbraccio di benvenuto, la parola più convincente a farti rimanere ancora. E una pietra angolare parla di Giove Ottimo Massimo, un cassero diruto si erge sfrontatamente a mostrare il suo residuo orgoglio di medievale nobiltà. Una loggetta racconta i cicalecci delle massaie del vicinato e Vicolo del bacio, nomen omen, è il luogo più stretto, passaggio claustrofobico, nascosto, il segno di un amore geloso, passionale, pulsante della sua meravigliosa identità.

Su tutta la campagna domina il silenzio, la quiete angosciante di un abbandono agricolo reso sempre più devastato dall’assedio degli impianti geotermici. Spettrali visioni delle colonne gigantesche di misteriosi vapori che, al momento, si attestano oltre la costa del Faggio Rosso.

OLYMPUS DIGITAL CAMERAMa qualcuno lo ha eletto a luogo dove ancora una rinascita di vita è possibile. E’ il caso di Angelika e Jorg, tedeschi trapiantati qui da oltre trentacinque anni, che pur attori girovaghi impegnati con il loro “Teatro Shabernak”, non si arrendono a veder tutto perire e con caparbio entusiasmo, quasi interessati eredi di un patrimonio paesaggistico inestimato, si fanno promotori, ogni anno, di iniziative che valorizzano il paese. Si sentono in dovere di “restituire al luogo l’attenzione e l’amore che dal luogo ricevono”. Così, organizzano eventi proponendo la scoperta degli scorci alla luce lunare, mostre fotografiche che sottolineano la bellezza di particolari paesani incantevoli, lo fissano a luogo di incontro internazionale di artisti e teatranti.

Il loro terrazzo è un luogo incastonato nelle mura medievali, inalterato da oltre mille anni, con i confusi vasi di fiori e erbe aromatiche, e la pergola di  uva fragola, che sale da basso, contorcendosi nello sforzo per non essere strappata via dai venti. Qui raccontano di custodire il prezioso tesoro che è lo sguardo sulla vallata fino al monte Labro, il monte del santo Davide, fino a Salaiola, il paese della poesia.

La bellezza di questa vastità imponente è dominata per molte ore del giorno dall’aquila che volteggia lenta, come a guardia di quell’universo.

Non avverto, nelle parole di Jorg, la nostalgia del tempo in cui accanto ad ogni casa c’era un piccolo orto con gli odori, un pollaio, un porcile. “Le abitudini cambiano nel tempo. Fino a poco tempo fa”, mi dice, “tutto quello che occorreva, cibo, vestiario, o qualsivoglia altro mestiere, si trovava nel capoluogo, poi, dopo anni che qui non c’era neanche un bar è sorto un piccolo spaccio, “la Brizza”, che è diventato un punto di incontro e dove si trovano beni di prima necessità. Esiste anche una pro-loco, un gruppo di cantori, i pennati ( così si chiamano gli abitanti del luogo)”.

“Montelaterone non è un paese morente”, insistono Jorg e Angelika, “è solo spopolato, ma quelli che sono rimasti aggrappati a queste piagge ci stanno con energia, coltivano l’orto, gli olivi, quello è importante. Il rapporto umano, qui è palpabile, più intenso che altrove. Sembrano questi i margini del mondo abitato, i luoghi emarginati dalle grandi metropoli che appaiono pulsare di vita, ma è qui, nei paesi interni che viene conservata l’anima, la nostra umanità, il lievito di rinascita della vita che può farci tornare a gustare sapori, odori, suoni e sguardi capaci di darci la felicità e che la città non offre già più”.

Entrando in casa, non posso fare a meno di notare con meraviglia la chiave sulla toppa del portoncino d’ingresso. Un segno di tempi andati? “No”, dice Jorg: “è il segno che ci vuole più amalgama sociale per stare bene insieme, bisogna puntare sull’inclusione tanto più adesso che si tende a chiudere le porte, innalzare muri ovunque. Non dobbiamo chiuderci nelle nostre prigioni, ma aprirci agli altri, con fiducia. Sta qui la scommessa di sopravvivenza della nostra umanità”.

montelaterone 4E per sottolineare questo aspetto mi racconta delle sue passeggiate per le campagne, a fotografare i casottini abbandonati che un tempo servivano per il ricovero di uomini, bestie e attrezzi. “Vedi, – mi spiega – queste foto le propongo sempre con la solita didascalia: prossima villa con piscina. Sì, perché oggi si costruisce senza rispetto ovunque. La gente si fa le proprie torri e tende a chiudersi, privatizzare tutto, anche il divertimento. Che poi è il più grande paradosso. Invece, è molto più bello fare il bagno al fiume, come facciamo noi, e lasciare tutto come abbiamo trovato. Bisogna condividere e non escludere. Solo così si potrà sconfiggere l’egoismo e l’isolamento che pervade la società. Si dovrà tornare a fare le cose insieme, fare il pane, piantare alberi, proteggere le sorgenti, difendere con le unghie e con i denti la salubrità dell’aria dai sistemi industriali inquinanti, dal profitto che uccide la nostra umanità”.

Foto di Jorg Fischer

 

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