L’interesse per la politica dovrebbe appartenere a tutti i cittadini. Sicuramente chi l’ha praticata non può dismetterlo, ed è giusto. Non è una malattia, è una condizione e un senso esistenziale. Bene. Ma chi l’ha praticata, soprattutto se con qualche responsabilità rilevante, dovrebbe fare quotidianamente “esercizi di sopravvivenza al di fuori”, della politica s’intende (mi viene suggerita questa immagine dal titolo di un bellissimo libretto appena uscito “Esercizi di meraviglia”).
Bisogna dimettersi mentalmente dal ruolo costruito nei decenni precedenti. Accettare di essere usciti di scena perché la scena è cambiata e nella nuova non è prevista una parte per te, anche se tu ritieni che l’avresti recitata meglio, molto meglio. Accettare (cioè rispettare, limitarsi a seguire) un copione che ritieni sia scritto male, addirittura a tratti non capirlo.
Chissà, forse lo spettacolo alla fine risulterà più bello di come tu possa immaginare. Ciò che importa è resistere. A che? Alla tentazione di irrompere sul palcoscenico. Non foss’altro perché la gente a quel punto ti fischierebbe. A meno che dai loggioni a gran voce ti venga richiesto di farlo. Ma non mi pare il caso.