Giovedì 20 febbraio il Cinema Auditorium Stensen presenta in anteprima The Square – Inside the Revolution, il documentario distribuito da I Wonder Pictures nella collana Unipol Biografilm Collection e candidato al premio Oscar 2014 come Miglior Documentario. Il film che ha conquistato il Sundance Film Festival e il Toronto International Film Festival (e che arriva nelle sale italiane da oggi) racconta la lotta del popolo egiziano per la conquista della libertà dal 2011, anno della fine della dittatura trentennale di Mubarak, fino al golpe militare avvenuto nell'estate del 2013 che ha rimosso dal suo incarico il presidente Morsi, leader della “Fratellanza Musulmana”. Per la prima volta in Italia, l'uscita di The Square segna un nuovo modo di fare distribuzione. Il film sarà infatti oggetto di un’operazione crossmediale fra tre diverse realtà: I Wonder Pictures per la distribuzione in sala, La Effe (canale 50 del digitale terrestre) per la trasmissione televisiva mercoledì 26 Febbraio (h 22.30) e Feltrinelli Real Cinema per l'uscita in Home Video ad Aprile.
Il documentario dedicato alla lotta del popolo egiziano per la conquista della libertà è un film nel film, una voce lucida e ironica sul potere dei media, una riflessione sul ruolo attivo che la rappresentazione degli eventi gioca negli eventi stessi. Dai colorati sit-in di protesta agli scontri con la polizia, l’occhio silenzioso di Jehane Noujaim segue, infatti, cinque protagonisti mentre a loro volta testimoniano, videocamera alla mano, le utopie e le atrocità di piazza Tahrir. The Square – Inside the Revolution arriva nelle sale italiane a tre anni esatti dall’inizio della rivoluzione egiziana ed è testimonianza di un processo di profondo cambiamento del paese che ad oggi non sembra essere definitivamente compiuto.
Torna invece ad Odeon Firenze l'appuntamento di “In Sala con il Critico”: con la proiezione di prima serata del giovedì che viene introdotta da un critico cinematografico. Il progetto – unico in tutta la Toscana e tra i pochi in Italia – è stato pensato per offrire agli spettatori un approfondimento utile per comprendere al meglio i meccanismi estetici e narrativi di un film e per promuovere un consumo cinematografico più attento alle esigenze culturali del pubblico. Giovedì 20 febbraio, alle ore 20.30, il film A proposito di Davis (in esclusiva versione originale con sottotitoli in italiano) verrà introdotto dal critico Paolo Russo.
La pellicola è stata premiata all'ultimo Festival di Cannes con il Gran Premio della Giuria ed è inoltre candidata a due premi Oscar. Nuovo film dei fratelli Coen, A proposito di Davis racconta la storia di un cantante folk nella New York degli anni Sessanta. Il film si collega idealmente al precedente 'A Serious Man', di cui sembra un prodromo in chiave musicale e di cui riprende soprattutto la visione sarcastica e per niente appacificata del mondo esterno. Llewyn Davis, a cui offre il volto e il canto un ottimo Oscar Isaac, è un giovane che non vorrebbe seguire la strada paterna ma vivere grazie alla musica folk. E nella prima scena lo vediamo cantare 'Hang Me, Oh Hang Me' al Gaslight, uno dei locali del Village newyorkese dove i nuovi talenti cercavano il proprio pubblico. Inizia qui una specie di «odissea» in miniatura di cui capiremo le corrette coordinate cronologiche solo alla fine del film, quando lo rivedremo esibirsi alla chitarra e cantare la stessa canzone, quando capiremo perché un «conoscente» lo aspetta fuori per riempirlo di botte e soprattutto quando scopriremo che dopo di lui si esibisce un altro «sconosciuto» che canta 'Farewell' accompagnandosi con una chitarra ma anche con un'armonica a bocca e ha una curiosa zazzera di capelli riccioluti, oltre a un profilo destinato a diventare famoso. Un cerchio narrativo che assomiglia di più a una spirale, dentro cui vediamo Davis precipitare ogni momento un po' di più: una specie di maledizione kafkiana.
A questo punto sarebbe un torto dire che il personaggio reale a cui Llewyn Davis rimanda sia Dave Van Ronk, la lettura della cui autobiografia 'Manhattan Folk Story' ha fatto scattare nei fratelli Coen l'idea di questo film. Piuttosto quell'artista, «colonna portante della rinascita folk degli anni Sessanta, autore e arrangiatore raffinato» ha aiutato i due fratelli registi a dare forma cinematografica alla loro passione musicale, che aveva già avuto modo di estrinsecarsi nel 2000 con 'Fratello dove sei?' (centrato però soprattutto su sonorità bluegrass e gospel). Una passione che in 'A proposito di Davis' è stata poi declinata con quella malinconia fatta di disincanto e di sarcasmo che sta diventando l'autentico segno di riconoscimento dei Coen. Perché le grigie e fredde giornate newyorkesi (con una indimenticabile parentesi a Chicago in compagnia di un «wellesiano» John Goodman) durante le quali Davis cerca invano un po' di comprensione – familiare, sentimentale, musicale o solo alimentare fa poca differenza – diventano pian piano le stazioni di una labirintica via crucis laica, dove tutto e tutti sembrano remare contro. I ricchi amici ebrei che non rispettano la sua «arte», il vecchio padre che riesce a malapena ad articolare un mezzo sorriso dopo aver sentito il figlio dedicargli una canzone, la sorella che si preoccupa solo di difendere le orecchie del figlio dal suo parlare colorito, l'amica incinta (una Carey Mulligan in un geniale contro-ruolo) che gli rovescia addosso tutto il suo disprezzo, l'amico cantante (Justin Timberlake) che compone canzoni orecchiabili solo per cercare il successo… E via di questo passo, in un mondo dove la passione e l'entusiasmo sembrano aver perduto ogni significato e tutto sembra andare a rotoli. Per ritrovarsi alla fine esattamente all'inizio, come se nessuno sforzo e nessuna scelta potesse davvero cambiare il proprio percorso. Mentre l'elegante e raffinato disincanto dei Coen si ingegna a rendere ironicamente divertente il destino di un eterno sconfitto.