Firenze – E’ il momento dei “Monuments men”, degli specialisti inseriti negli eserciti alleati in Europa per proteggere le opere d’arte dai disastri di una guerra di terra e di cielo all’ultimo sangue. Merito del film di George Clooney che ha girato nelle sale nei mesi scorsi e merito soprattutto della traduzione del libro di Robert Edsel sulle azioni dei Mfaa (Monuments, Fine Arts and Archives) da cui è stato tratto il film, in libreria in questi giorni. Abbastanza facile decifrare le ragioni del successo: i salvatori delle opere d’arte sono la parte buona della guerra, la Croce Rossa della Cultura e della Civiltà, di fronte alla barbarie, anche se evidentemente non ce ne sarebbe bisogno se l’uomo si convincesse una volta per tutte a rinnegare la violenza e la sopraffazione.
Tanto è vero che la mia generazione ha piuttosto visto come “monuments men”, per esempio, quei combattenti della resistenza francese protagonisti del film “Il treno”, di John Frankenheimer, dove un Burt Lancaster ferroviere comanda il gruppo che riuscì a fermare la rapina dei quadri degli impressionisti che allora si trovavano al Jeu de Pommes. Un colonnello nazista amante dell’arte prima salva le tele di Monet e compagni e poi cerca di portarsele in Germania con l’ambiguo obiettivo di proteggerle e di appropriarsi di un tesoro inestimabile. Non si sa mai, e del resto le cose per i tedeschi andavano sempre peggio.
Un po’ più su questo versante diciamo così criminal-bellico si pone la storia del tesoro di Montecassino ricostruita con grande precisione di documenti, testimonianze e analisi dai giornalisti Benedetta Gentile e Francesco Bianchini (“I Misteri dell’Abbazia – La verità sul tesoro di Montecassino”, edito da Le Lettere di Firenze). Il libro, che verrà presentato giovedì 12 giugno alle ore 16,30 presso la Sala Gigli del Consiglio regionale, parte da un documento finora rimasto inedito che si trova all’Imperial War Museum di Londra. Si tratta di un memorandum da cui emerge con chiarezza che la storia ufficiale del salvataggio di opere di inestimabile valore – non solo dell’Abbazia benedettina, ma anche del Museo archeologico e della pinacoteca di Napoli – celebrata anche con le campane e le messe di ringraziamento dei monaci è tutta da riscrivere.
Il vero protagonista positivo della vicenda è il generale Barone Frido von Senger comandante del XIV Corpo d’Armata della Wehrmacht e non due ufficiali di secondo rango della famigerata divisione Hermann Goering, seconda solo alle SS per efferatezze e crudeltà, tali Julius Schlegel e Maximilian Becker, il primo dei quali è stato onorato anche dell’intitolazione di una strada di Vienna per il suo atto generoso ed eroico.
Lascio al lettore l’accurata ricostruzione dei fatti, in uno stile semplice e rapido, da vero e proprio best-seller, come se fosse un giallo, ma basato su un lavoro meticoloso e puntuale, che non tralascia niente in nome di una onesta ricerca della verità. Segnalo soltanto che quei due ufficiali si presentarono il 14 ottobre 1943 dall’abate Diamare e si offrirono di mettere al sicuro i tesori custoditi nella prima casa di san Benedetto che non erano solo i codici e gli arredi benedettini, ma anche casse di opere d’arte provenienti da Napoli e Pompei, nonché il favoloso tesoro di San Gennaro.
L’Abbazia sta per diventare, come del resto diventò finendo in un cumulo di rovine, il fronte dell’avanzata alleata e della ritirata tedesca e quei tesori erano sicuramente in pericolo. Il problema è che i camion non si diressero verso Roma, ma verso nord a Spoleto, nei magazzini della divisione del maresciallo “Grassone”. Lì furono intercettati da von Senger e fatti tornare indietro, non prima però che i precedenti “salvatori” li alleggerissero di una serie di pezzi da regalare al “patron” nel giorno del suo compleanno. Nel documento ritrovato si afferma, infatti, per la prima volta che “l’operazione compiuta dai soldati della Goering fu un tentativo di rapina più o meno mascherato da salvataggio di guerra”.
Il valore del libro della Gentile e di Bianchini non consiste dunque solo in uno “scoop” storico, ma nel dare al lettore tutti gli elementi necessari per chiarire i contorni di una verità storica che finora era stata tenuta per vari motivi nascosta e che sollevano un altro mistero: quello dei comportamenti umani e delle loro motivazioni, spesso sconvolte da casualità oppure anche da scelte virtuose fatte da persone che sono riuscite a non farsi corrompere dall’odio, dalla violenza, o semplicemente dall’interesse materiale.
I due ufficiali della Goering volevano salvare quei tesori artistici per appropriarsene (come il colonnello del film di Frankenheimer) . Grazie a von Senger il loro ruolo fu solo quello positivo del salvataggio. Del quale soprattutto Schlegel, il cui unico vero merito fu quello di aver organizzato un trasloco perfetto dal punto di vista dei tempi e della logistica, si fece vanto alla fine della guerra. E Dio sa quanto in quel momento i tedeschi avessero bisogno di eroi. Foto: I soldati della Goering caricano i camion con le casse che contengono le opere d’arte