Una grande professionista, una toscanaccia, una persona difficile, esigente e al tempo stesso divertente, la ricchezza dell’archivio del Fondo Oriana Fallaci del Consiglio regionale della Toscana restituisce le tante contraddizioni e sfaccettature della scrittrice e giornalista fiorentina.
Il rapporto tra i materiali di Oriana e le archiviste Margherita Cricchio e Agnese Lorenzini che ci si sono immerse per quattro anni è tutto nelle parole di Monica Valentini, Responsabile dell’Archivio storico del Consiglio regionale della Toscana ‘Entrare in un archivio è come entrare in punta di piedi in casa di qualcuno e chiedersi cosa ne penserà a lavoro ultimato’.
Il volume Il cuore in Toscana: il Fondo Oriana Fallaci: inventario archivistico e catalogo bibliografico. a cura di Katia Ferri, Elena Michelagnoli e Monica Valentini, inventario archivistico di Margherita Cricchio e Agnese Lorenzini (Edizioni dell’Assemblea, 2023), è stato presentato nella Biblioteca della Toscana Pietro Leopoldo di Firenze alla presenza di Riccardo Nencini, Antonio Mazzeo, Alessandro Cannavò, Diana Toccafondi, Michele Di Sivo e Edoardo Perazzi.
Il fondo del Consiglio Regionale della Toscana è solo una parte dell’archivio di Oriana Fallaci, suddiviso fra Boston, Milano e Firenze. Mentre a Boston si trova tutta l’attività americana della giornalista, i materiali conservati nella sede della Fondazione Corriere della Sera e quelli fiorentini sono profondamente legati. Come spiegano Cricchio e Lorenzini nell’introduzione al volume ‘Un’opera poteva prendere avvio a New York, pervenire alla Rizzoli sotto forma di bozza per poi essere nuovamente rivista e corretta a Firenze’.
L’archivio, che abbraccia tutta la vita professionale di Oriana Fallaci dagli anni Cinquanta al 2006, anno della sua morte è stato fortemente voluto da Riccardo Nencini, allora presidente del Consiglio regionale oggi presidente del Gabinetto Scientifico Letterario G.P. Vieusseux.
È lo stesso Nencini a ricordare la solitudine all’inizio dei lavori sull’archivio. Nonostante la fama, il grande amore della Fallaci per Firenze non fu mai ricambiato. Una fiorentinità, la sua, non riconosciuta dalla città che l’aveva vista crescere e formarsi anche grazie all’esperienza, sempre rivendicata, di partigiana sul Monte Giovi.
Alessandro Cannavò, giornalista del Corriere della Sera e collaboratore da La rabbia e l’orgoglio fino agli ultimi giorni, ricorda come solo osservarne il lavoro quotidiano fosse una grande lezione di giornalismo: la disciplina, le regole, le attenzioni, la precisione e la serietà nella professione. ‘Oriana era una secchiona’ ricorda il nipote Edoardo Perazzi che ha donato alla Biblioteca del Consiglio il materiale archivistico della casa di famiglia a Greve in Chianti.
Anche Diana Toccafondi, componente del Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Cultura sottolinea l’incredibile preparazione e la mole di materiale raccolto dalla Fallaci per ogni singola intervista. La studiosa cita Erri De Luca ‘Le storie sono un resto lasciato dal passato, non sono aria ma sale, quello che resta dopo il sudore.’ Gli archivi sono per lei il sudore della fatica di vivere, in quello della Fallaci in particolare il peso della soggettività è forte perché segnato dalla caratura del personaggio. ‘Lei l’ha voluto, l’ha creato e poi smembrato’.
Le registrazioni delle famose interviste rappresentano uno dei nuclei più originali dell’archivio. È sempre Toccafondi a ricordare l’importanza della fonte sonora: nei nastri si coglie ‘il desiderio dell’intervistato di essere raccontato. L’intervista a sé stessa di Oriana è proprio questo, un desiderio profondo di essere raccontata ma la delusione di non trovare nessuno capace di raccontarla’.
I nastri rappresentano il pezzo forte della collezione anche per Michele Di Sivo, Soprintendente Archivistico e Bibliografico della Toscana. ‘Ascoltare il vocale delle interviste di tutti i grandi personaggi intervistati, da Khomeini a Gheddafi, da Anna Magnani a Totò, ci rivela il clima, il tono e il rapporto vero tra intervistato e intervistatrice. Un oggetto completamente altro rispetto alle interviste scritte’.
Per il Soprintendente, l’archivio della Fallaci ci rivela la volontà di conservare il più possibile. Un inventario esplicito che mostra l’attenzione alle parole della Fallaci. Dal punto di vista dello storico e dell’archivista l’archivio parla molto di lei e il fatto che la grande parte del materiale sia arrivata a Firenze ci dice molto del suo amore per la città. Gli archivi di persona, e, sia Di Sivo che Diana Toccafondi citano quello di Terzani, rappresentano per i due studiosi un filtro storico importante: la storia italiana da un punto di vista sia soggettivo che plurale.
La Fallaci è testimone e specchio del Novecento e dei primi anni duemila, dalla Resistenza alla seconda Guerra del Golfo. Nel legame tra Terzani e Fallaci, che da un’unica ascendenza come testimoni dei teatri di guerra di tutto il mondo, arrivano ad esiti tanto diversi, c’è la storia del Novecento. Lei con La rabbia e l’orgoglio e lui ritirandosi a Orsigna e celebrando la compassione buddista rappresentano due approdi opposti.
‘In questa radicalizzazione c’è tutto il novecento, ci siamo noi e il nostro tempo. Possiamo leggere le carte di queste persone, ragioni di noi stessi e anche delle nostre radicalizzazioni’. Chiosa Toccafondi. Il Fondo Oriana Fallaci è accessibile presso la Biblioteca Pietro Leopoldo e tramite i social della biblioteca, come ha evidenziato Antonio Mazzeo, presidente del Consiglio regionale ‘Oggi è stato compiuto un passo, ma vogliamo proseguire nel cammino, per fare in modo che quella memoria possa continuare ad essere viva”.
In foto Oriana Fallaci