Terrorismo, l’allarme di Stefano Dambruoso

Il magistrato lancia un appello da Reggio: “In Italia manca un’Authority che coordini le azioni contro il terrorismo”
Il magistrato Stefano Dambruoso e il giornalista Stefano Zurlo

Le drammatiche immagini degli attentati alle Torre gemelle dell’11 settembre 2001 scorrono sullo schermo dell’Aula Magna dell’Università affollata e silenziosa. I sentimenti di angoscia e paura ancora si rincorrono al ricordo dell’orrore che colpì l’America e che in un solo giorno spezzò 3000 vite cambiando per sempre le sorti del mondo intero.

E’ sull’onda di queste emozioni che si è aperto mercoledì a Reggio il convegno, condotto dal giornalista Stefano Zurlo, dal titolo “Dopo la morte di Bin Laden e le primavere arabe dobbiamo aver paura? Diritto alla sicurezza e sicurezza dei diritti” di cui è stato protagonista il magistrato Stefano Dambruoso, uno dei maggiori esperti europei sul fenomeno del terrorismo che grazie alla sua esperienza ha tracciato la nuova mappa della rete internazionale terroristica che da anni minaccia la nostra società.

L’iniziativa, promossa da Lions Club Re Cispadana 1796 e organizzata con la collaborazione di Università di Modena e Reggio Emilia, Rotary Club Reggio Emilia, Rotary Club Terra di Matilde, Lions Club Reggio Emilia Host, Lions Club Regium Lepidi, Lions Club Scandiano e Fondazione Solidarietà Reggiana, dato l’alto interesse giuridico ha registrato l’adesione anche del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia.

In magistratura da vent’anni, Stefano Dambruoso dirige l’Ufficio per il coordinamento dell’attività internazionale del Ministero di Giustizia dopo essersi occupato di inchieste sulla mafia e sul crimine organizzato in Sicilia e a Milano e aver messo la sua esperienza nella lotta al terrorismo al servizio degli uffici diplomatici italiani presso l’Onu e l’Unione Europea di Vienna e Bruxelles.

Una carriera straordinaria spiegata anche nel suo recente libro “Un istante prima” in cui ha ripercorso l’ultimo decennio di indagini e di esperienze dirette sul campo, pagate al prezzo di una vita sotto scorta, ma che hanno portato il magistrato a lavorare a fianco di forze di polizia e servizi di intelligence perfezionando nuovi strumenti investigativi e di prevenzione per combattere il crimine organizzato.

Prevenzione del rischio che secondo Dambruoso deve partire dall’integrazione degli immigrati per evitare che questi cadano nella rete dei gruppi fondamentalisti la cui attività oggi è favorita anche dalla diffusione dei mezzi di comunicazione. Una minaccia alla sicurezza delle persone e degli stati che paesi come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti hanno provveduto ad arginare attraverso la creazione di strumenti giuridici e di mezzi di prevenzione che hanno coinvolto tutti i cittadini, facendo prevalere il diritto alla sicurezza secondo le norme del Common law.

“I paesi di Civil law, come l’Italia – rileva il dr. Dambruoso – fortunatamente non si sono trovati a dover gestire situazioni di emergenza gravi e hanno scelto di far prevalere la sicurezza del diritto. Ma il terrorismo è un fenomeno di dimensioni internazionali e le azioni di contrasto saranno più efficaci se coordinate a livello sovranazionale – ha aggiunto il magistrato –; purtroppo l’Italia ancora non è organizzata con un organismo specifico una sorta di procura speciale, un’authority dedicata al coordinamento delle indagini e delle attività delle Forze dell’Ordine e della magistratura in grado di partecipare assiduamente agli organismi internazionali ai quali oggi collaboriamo in modo frammentario, mettendo in evidenza tutta la debolezza del nostro paese su questi temi”.

Molti gli interventi del pubblico in sala composto da avvocati, ma anche da tanti cittadini che catturati dall’esperienza del magistrato hanno trattenuto Dambruoso con domande sul reclutamento dei terroristi, le forme di finanziamento e i casi che più hanno scosso l’opinione pubblica internazionale trattati ampiamente dall’esperto nel suo ultimo libro edito da Mondadori.

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