Pisa – Un’intelligenza artificiale si intromette nelle performance sportive sul campo da tennis, emette alert e rumorosamente dice la sua. Tennis commander, lo spin off pisano nato nel 2017, ha sviluppato il primo software per smartwatch per monitorare e migliorare le performance dei tennisti. L’app ha vinto il concorso Play it easy indetto dal Coni, e da qui ha preso il via un progetto di collaborazione per usare questa innovazione nelle strutture federali del Coni e nei circoli del tennis. Un mercato non da poco: in Italia esistono circa 3000 circoli ufficiali, e altrettanti amatoriali. Ne parliamo con Giuseppe Prencipe, docente del dipartimento di Informatica dell’università di Pisa: uno degli otto soci di varia formazione culturale, fra informatica e marketing, con un valente tennista al centro.
Professore come nasce l’idea di un’App per il tennis? In fondo si tratta di uno sport non popolarissimo in Italia…
Il settore sport analytics in questo momento è vivacissimo. Abbiamo fatto un’indagine e abbiamo verificato che gli sport di squadra come il calcio sono letteralmente invasi dalla tecnologia, perché sono più ricchi, hanno grossi investimenti e società che investono. La situazione è un po’ diversa per attività come il tennis. Abbiamo avuto contatti con altri paesi e abbiamo verificato che esiste un mercato internazionale in forte crescita.
Come funzionano attualmente i dispositivi per il monitoraggio delle prestazioni nel tennis?
Esistono sensori grandi come una moneta, che si applicano al braccio o alla racchetta. Hanno un costo limitato, cento o duecento euro. Il loro scopo è quello di analizzare i movimenti del braccio per catturare informazioni. Si limitano però a fornire dati numerici. Tot servizi, tot rovesci, classificano le tipologie dei colpi. Ci sono poi altri dispositivi, molto più costosi, basati sull’installazione di telecamere in campo. I sensori non stanno sul giocatore, ma sulle telecamere appunto (quasi sempre IBM). Elaborano gli stessi dati degli altri dispositivi, ma in più offrono il supporto visivo, che è sempre molto importante per la verifica delle prestazioni di un atleta.
In cosa si differenzia la vostra App?
Il nostro intento è quello di offrire uno strumento economico, in grado di fornire ed elaborare informazioni significative per il tennista. Sapere se il suo gioco è influenzato dall’avversario, se ci sono anomalie nella sua condotta di gara. Lo sportivo è in trance agonistica e spesso non si accorge di questi particolari. Per fare questo utilizziamo tecnologie e supporti esistenti e di uso comune: smart watch e smartphone. L’orologio e il telefono lo sceglie il tennista, noi forniamo l’app.
Come funziona concretamente?
Si mette l’orologio dentro un polsino e l’app analizza i movimenti del braccio. In contemporanea il cellulare viene piazzato a bordo campo e la videocamera riprenderà tutti gli spostamenti e la copertura del campo da parte del tennista. L’originalità della nostra applicazione sta però nella terza funzione: i dati meccanici e video vengono incrociati per capire lo stile di gioco. In sostanza si tratta di informazioni che, opportunamente analizzate da un allenatore, diranno come migliorare la performance agonistica. Ma anche senza allenatore, il nostro sistema produce degli “alert” basati su sistemi di intelligenza artificiale che servono al giocatore per prendere consapevolezza delle proprie prestazioni. Ora, questi dispositivi non possono essere utilizzati in partita, ma sicuramente sono utilissimi in fase di allenamento. C’è anche un aspetto “social”: nei circoli si può trovare tramite app un avversario con particolari caratteristiche con cui confrontarsi.
La vostra app è ancora allo stato di prototipo e la stanno sperimentando con successo in alcuni circoli italiani. Quando entrerà in commercio?
Il nostro obiettivo è quello di entrare sul mercato nei primi mesi del 2019. Molto dipende dai finanziamenti: in Italia è difficilissimo trovare investitori sull’innovazione. E’ scarso anche il supporto fornito dalle istituzioni di riferimento: arrivano tardi, hanno scarsa propensione al rischio. Parliamo tanto di fuga dei cervelli, ma come si fa a farli tornare in un tessuto economico e istituzionale così scarsamente innovativo?
Che impatto avranno, secondo lei, le tecnologie 4.0 sull’occupazione?
E’ complesso rispondere. Dal mio osservatorio posso affermare che nel dipartimento di Informatica di Pisa stiamo notando un vero boom di richieste sull’intelligenza artificiale, per imparare a gestire l’enorme mole di dati che oggi vengono raccolte. La sfida è quello di prevedere lo sviluppo dei fenomeni e interpretarli correttamente dal punto di vista informativo: mi riferisco a mobilità, logistica, risparmio energetico tanto per fare alcuni esempi. In questi campi si sta aprendo un mercato enorme.