Scandicci – Debutta in prima nazionale il 13 dicembre (repliche fino al 19 dicembre) al Teatro Studio di Scandicci alle ore 21.00 Canti Orfici/visioni, regia di Giancarlo Cauteruccio, con Michele Di Mauro, dramaturg Andrea Cortellessa, musiche originali di Gianni Maroccolo, scene di Paolo Calafiore.
A conclusione del lungo e composito progetto, iniziato il 15 novembre e intitolato CANTI ORFICI: UN LIBRO TRA DUE SECOLI, che Teatro Studio Krypton ha dedicato a Dino Campana nel centenario della pubblicazione del Libro Unico, va in scena la nuova produzione della compagnia che vede accanto a Michele Di Mauro, come presenze/ coaguli delle visioni del poeta di Marradi, sette giovani attori:Giorgio Coppone, Maria Luisa D’Introno, Giovanni Corsini, Matteo Tanganelli, Veronica Rivolta, Silvia Benvenuto, Emiliana Provenzale. Il Corpo, incarnato da Michele Di Mauro da un lato, la Musica e l’Architettura dall’altro si congiungono in Canti Orfici/visioni per celebrare il Libro.
Chiamando a collaborare il musicista Gianni Maroccolo, Cauteruccio crea quasi un “concerto teatrale” in quadrifonia sui Canti Orfici in cui Michele Di Mauro, con la sua fisicità possente che ricorda quella di Dino, usa la voce che si adatta magnificamente al testo, come strumento musicale.
Il racconto del regista dei Canti in dieci quadri enuclea dalla tessitura del Libro l’immagine della natura, del paesaggio e nella partitura sonora entrano da protagonisti i suoni della natura che si fanno a loro volta musica. La scenografia, realizzata in una particolare carta ignifuga, si lega alla materia del libro.
La carta diviene pagina in cui si “scrivono” le visioni cariche di simultaneità, intersecazioni, di urgenza narrativa che sono le componenti rivoluzionarie di quell’unico libro del “primo poeta della modernità” (come Montale definì Campana). Lo spazio di quest’opera può essere immaginato come un enorme libro in cui il corpo dell’attore non è personaggio, ma essenza fisica e immaginifica del Poeta.
Questo nuovo incontro di Cauteruccio con il poeta avviene nel segno di un limpido e profondo rapporto con la sua poesia, con la forza visionaria dei suoi versi. Il regista prosegue le intuizioni moderniste del testo di Campana ed estremizza sino al parossismo la sua frammentazione, la sua iterazione, la sua specularità. La vicenda umana di Dino viene tenuta in ombra e la regia si concentra esclusivamente sulla carne della parola. Parola che viene proiettata al centro. Versi che sono materia drammaturgica e innesco per un viaggio scenico, poetico e filosofico che amplia lo sguardo su nuovi orizzonti.