Firenze – Il Teatro Povero di Monticchiello presenta il suo 51° autodramma che quest’anno avrà per tema il conflitto fra scelte ed esigenze individuali e i progetti dei poteri amministrativi che irrompono in modo destabilizzante su queste scelte.
La trama che i paesani attori svilupperanno sulla scena dal 22 luglio al 14 agosto parte infatti dalla nascita di un bambino, caso raro in un borgo da anni in deficit di popolazione. Tutti sono contenti, ma su di loro piomba il progetto governativo di fusione fra comuni che ha come obiettivo la semplificazione amministrativa e il risparmio della spesa, ma che ha effetti profondi non solo sui ménage familiari ma soprattutto sulla psicologia, il senso della tradizione, la tentazione a unirsi e dividersi propria della natura umana.
Emerge allora tutta la fragilità della comunità “in una ruota inarrestabile di aggregazione e disgregazione”, afferma il drammaturgo/regista Andrea Cresti, l’artista il cui genio consiste nel riuscire a sintetizzare e a trasformare in drammaturgia le idee, le fantasie, le emozioni positive e negative della gente di Monticchiello.
La spinta alla disgregazione parte dalla famiglia, si trasmette alla comunità fino a raggiungere il livello nazionale ed europeo: “Si incrina il rapporto solidale fra le comunità al livello internazionale secondo il nostro punto di vista”, spiega Giampiero Giglioni, presidente della Cooperativa del Teatro povero.
“MalComune” dunque è il dramma di una comunità che deve reagire all’ennesima sfida. La accetta nell’ottica del male condiviso e dunque meno doloroso, ma quel titolo porta con sé anche il proverbiale “mezzo gaudio”, un sentimento riprovevole che può avere conseguenze nefaste sul piano dei rapporti umani.
Al di là dell’autodramma (la definizione è di Giorgio Strehler ) e delle sue straordinarie qualità di “canto corale” di una comunità dalle profonde radici contadine, l’edizione numero 51 mette in luce il livello di maturità al quale è giunta la Cooperativa del Teatro povero di Monticchiello.
La produzione del pezzo teatrale rappresenta ora il momento di impegno collettivo di un’attività diventata un centro che eroga servizi – la farmacia, l’edicola, assistenza, spazio ricreativo, integrazione dei richiedenti asilo – che sta rivitalizzando il paese rimastone privo a causa della perdita di popolazione. E così lo strumento di comunicazione per eccellenza, il teatro, non solo è lo specchio di ciò che si muove nel sentire e nell’immaginario dei suoi membri, ma è anche il principale pilastro del loro vivere insieme.
“E’ un modello di come si possono rivitalizzare i piccoli borghi toscani”, ha detto Monica Barni, assessore alla Cultura della regione colpita dai racconti di Giglioni.